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<p>Veroli (וירולי)</p>
Provincia di Frosinone. Posta nel Lazio meridionale, su uno sprone degli Ernici che domina la regione collinosa circostante, V. fu sede dei ducati di Campagna e Marittima. Tradizionalmente legata agli interessi della Chiesa, riprese ad essere garantita nella propria autonomia dopo il ritorno dei papi da Avignone. Nel 1556 fu assalita dal duca di Alba, in lotta con Paolo IV.
<p> </p>
<p>La prima attestazione di una presenza ebraica a V. è del 1461, quando Moise Angelelli e Gentilisca da Veroli e Mele Gayeli da Gennazano furono accusati di aver procurato i servizi di un assassino. Moise fu assolto e Mele fu multato<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>. </p>
<p>Al 1472 risale un documento attestante un nucleo ebraico a V., quando venivano registrate qui quattro <em>case</em> <a title="" href="#_ftn2">[2]</a><em>.</em></p>
<p>Un altro cenno alla presenza ebraica si ritrova, poco meno di una decina d’anni più tardi, quando Shabbetay di Mordekhay da Sulmona portava a termine nella località un manoscritto<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>Nel XVI secolo, gli Statuti cittadini si diffondevano sulle norme da tenersi nei confronti degli ebrei: nel terzo Libro si proibiva di mangiare in loro compagnia e di far macellare le loro carni nei mattatoi cristiani o vendervi le carni mattate dagli ebrei. Inoltre, all’articolo 76 del quinto Libro si specificava che <em>se uno riconosce qualunque oggetto tenuto in pegno presso i Giudei, questi sono tenuti, se interrogati, a dire il nome di chi lo ha dato in pegno o colui che lo ha riconosciuto, altrimenti l’oggetto è ritenuto come rubato ed il Giudeo incorre nella pena come se lo avesse rubato</em>. All’articolo 79 dello stesso Libro si stabiliva, poi, che <em>per togliere l’ingiustizia degli ebrei, i termini a qualunque titolo concessi ai cristiani, sia in giudizio che fuori, stabiliti o da stabilirsi, per qualsiasi titolo, forma, modo, sono vantati sia per prestito di danaro che per qualsiasi altro motivo, non valgono se non per soli quattro anni</em>. Infine, all’articolo 86 si leggeva: <em>poiché i giudei sogliono comprare dai cristiani vino nuovo e mosto, sogliono pigiare a spremere le uve di cui parte del vino va ai Cristiani, può accadere che dal vino toccato e spremuto dai giudei si consacri dolosamente e disonestamente il sangue di Dio. Perciò per opporci a tali fatti […] ogni cittadino che venda ai giudei il vino o l’uva da loro pigiata, non può riporne alcunché, né può venderlo o scambiarlo con nessun cristiano. Deve invece venderlo tutto agli stessi giudei, i quali devono tutto comprarlo</em><a title="" href="#_ftn4">[4]</a><em>.</em></p>
<p>Negli ultimi decenni prima dell'espulsione dallo Stato della Chiesa (1569) abitavano a V. alcuni ebrei, menzionati come contribuenti di diverse tasse, tra cui la vigesima. Alcuni furono prestatori, come per esempio i soci <em>Emanuello</em> di<em> Guillelmo</em> e <em>Helia de Latis</em> nel 1549 ed Emanuele di Gentilomo e Maestro Angelo, un medico, nel 1554<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>.</p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che, dal 1560 sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma, figurava quella di V., prima con 10 e poi con 12 scudi<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>: secondo una fonte dell’inizio del Novecento, la sinagoga sarebbe stata collocata in “Contrada Selle”<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.</p>
<p>Nel 1588, in seguito alla Bolla di Sisto V, veniva fatta a Moise del fu Isacco una concessione per un banco feneratizio<a title="" href="#_ftn8">[8]</a></p>
<p>Il ricordo della permanenza a V. è rimasto nel cognome “Di Veroli” adottato da svariate famiglie ebraiche romane<a title="" href="#_ftn9">[9]</a>.</p>
<p> </p>
<h1>Bibliografia</h1>
<p> </p>
<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Loevinson, E., <em>La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles</em>, in REJ XCV (1933), pp. 23-31</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969).</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980 : Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Stirpe, M., <em>Una sinagoga a Veroli</em>, in Lazio ieri e oggi20 (1984).</p>
<p>Stirpe, M.,<em>La scuola degli ebrei di Veroli nel cinquecento</em>, in Lazio ieri e oggi32 (1987), pp. 16-17. </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Simonsohn, S.,<em> The Apostolic See</em>, doc. 876.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Esposito A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, p. 157; si veda Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 52; Simonsohn, S., ivi, Doc. 960.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Si tratta del manoscritto n. 4 già della Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma. <em>Catalogo dei Codici orientali,</em> a cura del ministero della Pubblica Istruzione, fascicolo I, Roma 1878, p. 42, cit. in Pavoncello, N., op. cit., p. 53, n. 12.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Ivi, pp. 53-54. La fonte cui attinge il Pavoncello è una traduzione dei paragrafi relativi agli Ebrei degli Statuti di V. , fattagli pervenire da studiosi locali, su cui si veda ivi, p. 54, n. 13.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Simonsohn<em>,</em>S, ivi, doc. 1316 e segg., 2842, 3212.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, p. 3. La stessa notizia è riportata anche in Pavoncello<em>, op. cit., </em>p.<em> </em>54.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Caperna, V., <em>Storia di Veroli</em>, 1907, p. 253, cit. in Pavoncello, op. cit<em>.</em>, p. 52. Sulla sinagoga verolana, v. Stirpe, M., <em>Una sinagoga a Veroli</em>, in Lazio ieri e oggi20 (1984), pp. 54-56; Idem<em>, </em><em>La scuola degli ebrei di Veroli nel cinquecento</em>, in Lazio ieri e oggi32 (1987), pp. 16-17.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Loevinson, E., <em>La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles</em>, p. 29. La stessa concessione viene menzionata, ma con datazione e dati bibliografici errati, anche in Pavoncello, <em>op. cit.</em>, p. 54.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref9">[9]</a> A V. è stata rinvenuta traccia di una famiglia recante il cognome “Efrati”, trasferitasi a Sora e, dopo l’espulsione del 1569, a Roma. Pavoncello, op. cit<em>.,</em> p. 54 e ibidem, n. 14.</p>
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<p>Velletri ( <a title="" href="#_ftn1">[1]</a>ביליטרי וילטרי,)</p>
Provincia di Roma. Sorge sulla via che dai Colli Albani scende lungo il margine della Pianura Pontina dirigendosi a Terracina. Fu staccata da Gregorio IX da ogni dipendenza dalla città di Roma e posta direttamente sotto il papato. Sino all’inizio del XIV secolo V. mantenne piena autonomia, ma durante il periodo avignonese il Comune di Roma prese il sopravvento. V., però, riacquistò la primitiva posizione con il ritorno della Sede Apostolica in Italia e nel XVI secolo passò sotto il dominio della Chiesa<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.
<p> </p>
<p>Gli Ebrei risultano stanziati a V. sin dal XIV secolo, quando vivevano riuniti in una comunità con propri rabbini, esercitando il commercio del denaro e pagando un tributo annuo al Comune e a Roma. Nel 1391 i Conservatori e i Banderesi, per ricompensare l’obbedienza al Comune, concessero ai veliterni e agli ebrei qui residenti la facoltà di recarsi a Roma o nel suo territorio, senza subire molestie, nonostante i processi in corso e le sentenze pronunziate contro il Comune o i singoli ( processi che, durante lo scisma e la lotta tra il papato e la città, furono numerosi). In questa occasione gli ebrei furono obbligati a contribuire finanziariamente ai giochi di Testaccio (mentre i veliterni vennero costretti a partecipare ai giochi stessi)<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>. Nel 1401 fu, poi, concesso agli ebrei locali di limitare il proprio contributo fiscale al pagamento imposto al Comune e venne concessa loro l’esenzione dal segno<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>. Dopo la metà degli anni Venti del secolo, inoltre, il medico ebreo veliterno Emanuele di <em>Magister</em> Menaguzoli ricevette licenza quinquennale per curare pazienti cristiani.<a title="" href="#_ftn5">[5]</a></p>
<p>Nel 1443 gli israeliti di V. firmarono insieme ad alcuni correligionari di altre città l’accordo con la Camera Apostolica per abrogare i provvedimenti restrittivi della bolla di Eugenio IV<a title="" href="#_ftn6">[6]</a> e, da un documento del 1472, risultavano quattro <em>case</em> ebraiche a V<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.</p>
<p>Nel 1542 Elia di Montopoli e Leone da Ceprano, feneratori a V., ricevettero la tolleranza per operare come cambiavalute nel loro banco<a title="" href="#_ftn8">[8]</a>, ma l’anno successivo il neofita Domenico Sancio (ex Prospero di Musetto da Piperno) ebbe l’incarico di indagare in merito alle accuse di frode e di immissione di monete false mosse contro gli ebrei di una serie di località, tra cui V<a title="" href="#_ftn9">[9]</a>.</p>
<p>Nei secoli XV e XVI gli ebrei di V. furono obbligati a vivere in un dato luogo della città, protetti dalle leggi locali, come risulta dal III Capitolo degli Statuti, che imponeva alle autorità di difenderli da ogni violenza, ingiuria o vessazione e stabiliva che dovessero essere riconosciuti come cittadini.</p>
<p>Nel 1547, dietro proposta dei feneratori Simone de’ Benedetto di Civita, Beniamino de’ Melone da Marino, <em>Magister</em> Elia Benedetto da Montopoli e Salvatore di Abramo di Cori, fu concessa agli Ebrei l’apertura di un banco feneratizio, per prestare ai locali all’interesse del 24% annuo (per prestiti inferiori a 3000 scudi) e del 50% annuo (per le somme dai cinque giulii in giù)<a title="" href="#_ftn10">[10]</a>.</p>
<p>Gli Ebrei continuarono ad esercitare l’attività feneratizia sino al 1552, quando il Comune deliberò di espellerli, sostituendoli con un Monte di Pietà, che, tuttavia, funzionò stabilmente solo nel XVII secolo.</p>
<p>A quanto si deduce dalle fonti, un’espulsione vera e propria qui non ebbe luogo o, comunque, non tutti gli ebrei abbandonarono la località, dato che, nel 1559, l’Università degli Ebrei di V. fornì a proprie spese la bandiera della milizia cittadina, stipendiandone il tamburino e, dal 1558 al 1571, sono registrate svariate circoncisioni <em>in loco</em><a title="" href="#_ftn11">[11]</a><em>.</em></p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che pagarono il tributo alla Casa dei Catecumeni di Roma negli anni 1560-1565, quella di V. figura con 10 e poi 12 scudi<a title="" href="#_ftn12">[12]</a>.</p>
<p>Nel 1569, Pio V decretava l’espulsione di tutti gli ebrei dallo stato pontificio, ad eccezione di Roma e Ancona; tuttavia, dall’elenco delle circoncisioni menzionato sopra, si deduce che a V. fossero state concesse sino al 1571 delle proroghe al decreto, per cui gli israeliti dei paesi vicini si sarebbero riuniti nella località in attesa di trovare una sistemazione definitiva altrove<a title="" href="#_ftn13">[13]</a>.</p>
<p>Numerosi ebrei di V. si trasferirono a Roma, come attesta il cognome “Velletri” presente fra gli ebrei romani sino al XX secolo<a title="" href="#_ftn14">[14]</a>.</p>
<p>Dopo che papa Sisto V ebbe accordato agli ebrei di vivere nelle città e “castelli” dello stato pontificio, nel 1586, si ritrovano presenze ebraiche a V. : nel 1587, vennero date concessioni per aprire banchi feneratizi ad Angelo, figlio del rabbino Ventura, ad Angelo del fu Lustro, a Crescenzio da Ceprano (Frosinone), a Gioello <em>De Melozzo</em> e a Leuccio di Angelo <em>De Lea</em><a title="" href="#_ftn15">[15]</a>.</p>
<p>Gli ebrei rimasero a V. sino all’espulsione definitiva dalle località dello Stato Pontificio (salvo Roma, Ancona ed Avignone) decretata da Clemente VIII nel 1593.<a title="" href="#_ftn16">[16]</a> </p>
<p> </p>
<h2>Quartiere ebraico</h2>
<p>Il quartiere ebraico era ubicato nella Decarcia Portella-Collicelo (o Colicello), tra le vie della Stamperia, della Trinità e del Serpe<a title="" href="#_ftn17">[17]</a>.</p>
<p> </p>
<h2>Sinagoga</h2>
<p>La sinagoga era ubicata in via della Stamperia; nel XX secolo, dell’antico edificio era rimasta in piedi una delle pareti esterne, con in cima un rosone a forma di stella di Davide ( <em>Maghen David</em>)<a title="" href="#_ftn18">[18]</a>.</p>
<p> </p>
<h2>Vita culturale</h2>
<p>Tra il 1418 e il 1424 Meshullam Forte di V., figlio di Yehiel di Terni, copiò alcuni codici contenenti le preghiere penitenziali (<em>Selichoth</em>) secondo il rito romano, la <em>Logica </em>di Petrus Hispanus; la seconda parte del formulario delle preghiere o <em>Machazhor </em>secondo il rito romano e un altro <em>Machazhor, </em>sempre di rito romano<a title="" href="#_ftn19">[19]</a>.</p>
<p>Il manoscritto in lingua italiana, ma in caratteri ebraici, facente parte della biblioteca di Shemuel David Luzzatto, contenente il testo <em>Chokhmat Nashim </em>( <em>La saggezza delle donne</em>) fu scritto a V. nel 1565 (in onore della moglie del rabbino Mordekhai Dato) dal rabbino Yehiel Manoscrivi, che soggiornò nella località per un periodo.<a title="" href="#_ftn20">[20]</a></p>
<p> </p>
<h2> </h2>
<h2>Bibliografia</h2>
<p> </p>
<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, in<em><br /> Alexander Marx Jubilee Volume</em>, New York 1950, pp. 231-342.</p>
<p>Gabrieli, A., <em>Alcuni Capitoli del 1547 per un Banco di prestito a pegno tenuto dagli Ebrei in Velletri</em>, Velletri 1917</p>
<p>Loevinson, E., <em>La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles</em>, in REJ XCV (1933), pp. 23-31.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº 16 ( 20 Febbraio 1969).</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980: Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Gli ebrei nella provincia romana</em>, in Le Judaisme Sephardi<em>, </em>31 (Janvier 1966), pp. 26-30.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, in RMI39 (1973), pp. 359-368.</p>
<p>Ravenna, A., <em>Appunti storici sulle comunità del Lazio</em>, in RMI 17 (1951), pp. 305-311; pp. 377-382.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Tersenghi, A., <em>Il Monte di Pietà di Velletri ed i suoi capitoli costitutivi del 1402</em>, in Archivio della r. Società Romana di Storia Patria, Vol. XLI, fasc. I-IV (1918).</p>
<p>Vogelstein, H.- Rieger, P., <em>Geschichte der Juden in Rom</em>, Berlin 1895.</p>
<p> </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> La traslitterazione ביליטרי viene riportata in Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, in<em><br /> Alexander Marx Jubilee Volume</em>, p. 296, nº 313. <em> </em></p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, p. 74.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Falco, G., <em>Il Comune di Velletri nel Medioevo</em>, in Archivio della Società Romana di Storia Patria, XXXVI (1913), pp. 412-13; pp. 439-40, cit. in Pavoncello, <em>Le comunità</em> <em> ebraiche laziali</em>, pp. 73-74.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 497. La comunità di V. e, talvolta, alcuni ebrei singoli a V. vengono menzionati più volte nei documenti relativi alle tasse, tra cui la vigesima e la tassa speciale per le spese turche (1542) nell’arco degli anni dal 1486 al 1544. Ivi, doc. 1061, 1095, 1316, 1778, 2076, 2130, 2133, 2186, 2302, 2306, 2313, 2413, 2423, 2424, 2553.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Ivi,doc. 638.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Vogelstein, H.- Rieger, P., <em>Geschichte der Juden in Rom</em>, Berlin 1895, II, p. 12; per i particolari relativi alla bolla, si veda la voce “Roma” della presente opera. </p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici, 2 (1985), p. 155.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Simonsohn, S., op. cit., doc. 2158, 2160, 2178.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref9">[9]</a> Ivi, doc. 2517.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref10">[10]</a> Ivi, doc. 2698; Gabrieli, A., <em>Alcuni Capitoli del 1547 per un Banco di prestito a pegno tenuto dagli Ebrei in Velletri</em>, Velletri 1917, pp. 11-16; per il testo dei capitoli, si veda ivi, pp. 21-35; Tersenghi, A., <em>Velletri e le sue contrade</em>, Velletri 1910, citato in Pavoncello, N., <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, p. 360, n. 7. I Capitoli e i paragrafi degli Statuti di V. riguardanti gli ebrei, tratti dalla ristampa del 1752 del testo stampato nel 1544 a V., sono stati riportati dal Pavoncello, ivi<em>, </em>pp. 364-368<em>.</em> Tra l’altro, vi si legge che gli ebrei non potevano pigiare uve pregiate, ma solo il mosto; era proibito alle donne cristiane di allattare bambini ebrei; era proibito agli ebrei e alle ebree di lavorare dentro e fuori delle proprie case di domenica e nei giorni delle principali festività cristiane; era proibito agli ebrei di uscire di casa il Venerdì Santo, senza il permesso delle autorità locali, sino al termine delle pubbliche funzioni nelle chiese. Le trasgressioni a tali divieti sarebbero state punite con multe pecuniarie. Un Capitolo – <em>De Sciattatione</em> - era dedicato alla macellazione rituale,secondo le disposizioni dei Priori; un altro Capitolo proibiva alle donne ebree di portare ornamenti d’oro e d’argento sugli abiti. Come segno di riconoscimento le ebree dovevano portare sul capo un velo di color croco e gli ebrei un tabarro rosso (dal quale i medici, tuttavia, erano esonerati). Era proibito agli ebrei di costruire o riparare fonti o strade cittadine (salvo quelle relative alle proprie vie e abitazioni); infine, prima di intraprendere qualsiasi opera, essi dovevano giurare sulle Sacre Scritture di non agire con falsità, inganno o malizia.</p>
<p>Negli anni Quaranta del XVI secolo, si trova un altro cenno all’insediamento di V., quando, nel 1542, il banchiere romano Salomone di <em>Magister </em>Isacco Zarfatti pagava la vigesima alla Camera pontificia per conto della comunità di V. (Vogelstein-Rieger, op. cit<em>. </em>, II, p. 118). Cfr. Pavoncello, N.,<em>Gli ebrei nella provincia romana</em>, p. 30, n. 36 (dove viene citata l’opera di Vogelstein e Rieger, con un errore nell’indicazione della pagina). </p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref11">[11]</a> Pavoncello, N., <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, p. 361 (v. , in particolare, ivi, nn. 8 e 9); Idem, <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 75; cfr. il registro delle circoncisioni eseguite da Yehiel Coen Manoscrivi, in Ravenna, A., <em>Appunti sulle comunità del Lazio</em>, pp. 306-308. Sul Monte di Pietà di V., cfr. Tersenghi, A., <em>Il Monte di Pietà di Velletri ed i suoi capitoli costitutivi del 1402</em>, in Archivio della r. Società Romana di Storia Patria, Vol. XLI, fasc. I-IV (1918).</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref12">[12]</a> Tali dati si rilevano dal Memoriale indirizzato alla “Ill.ma Congregazione particolare deputata dalla SS. Di N.S. Pio VI”, nel 1789, basato dall’archivio della chiesa della Madonna dei Monti, alla voce “Sinagoghe”, per gli anni 1560-1565, citato da Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 48. I dati del Memoriale relativi a V. sono riportati in Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, p. 3.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref13">[13]</a> Ravenna, A., <em>Appunti sulle comunità del Lazio</em>, p. 381.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref14">[14]</a> Pavoncello, N., <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, p. 361; Idem, <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 75.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref15">[15]</a> Loevinson, E., <em>La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles</em>, p. 28. Angelo figlio del rabbino Ventura, Gioiello e Leuccio risultavano residenti a Roma prima del Breve di Sisto V ( Pavoncello, <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, p. 362).</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref16">[16]</a> Pavoncello, N., <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, p. 362.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref17">[17]</a> Ivi, p. 368.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref18">[18]</a> Ibidem<em>.</em></p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref19">[19]</a> Freimann, A., op. cit., p. 296, nº 313.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref20">[20]</a> Pavoncello, N., <em>Ricordi di ebrei in Velletri</em>, p. 362 (nota); Ravenna, A., op. cit., p. 305.</p>
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Provincia di Roma. Posta su di un colle tufaceo alla confluenza di due valli, sulla via Casilina, V. è di origine altomedievale ed è ricordata con il nome attuale nel secolo XII. Ha visto nel corso della sua storia l’avvicendarsi di molti signori: Canonici della Basilica del Laterano, Conti, Sforza, Barberini e Pamphilj<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.
<p> </p>
<p>Un Salomone di Angelo, figlio di Abramo di V., attivo a Perugia nel 1449, attesta la presenza di ebrei nel borgo laziale almeno dalle prime decadi del XV secolo<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.</p>
<p>Nel 1472 abitavano a V. sette famiglie ebraiche, la più eminente delle quali era quella di un Mastro Salomone, il cui contributo per la tassa della vigesima era di 50 ducati, mentre quello delle altre famiglie assommava soltanto a 18 ducati. Nel 1486 la piccola comunità, insieme ad altre di Campagna, ricusava di partecipare al sussidio imposto da Innocenzo VIII agli ebrei delle sue province. L’atteggiamento non solo dispiacque al papa, ma avendo egli anche estrema necessità del denaro, comandò al governatore Giuliano Quattrocchi di provvedere con tutti i rimedi e le pene opportune perché il contributo fosse immediatamente (<em>statim et sine mora</em>) pagato<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>Nella prima metà del secolo XVI, ebrei originari di V. abitavano a Norcia e ad Ascoli Piceno, qui con altri correligionari provenienti dall’Italia centro-meridionale (Campli, Sulmona, Lanciano, Ortona, Teramo, L’Aquila)<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>.</p>
<p> </p>
<p> </p>
<p>Bibliografia</p>
<p class="nota">De Bianchi, G., Storia di Valmontone, Valmontone 1981.</p>
<p class="nota">Gobbi, O., Emigrazione, conversione, riconversione ebraica nel Piceno, in La presenza ebraica nelle Marche. Secoli XIII-XX, a cura di S. Anselmi, V. Bonazzoli, Ancona 1993, pp. 109, 116 (Quaderni di «Proposte e ricerche», n. 14).</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Toaff, A., <em>The Jews in Umbria</em>, Leiden-New York-Köln 1993-94.</p>
<p><em> </em></p>
<p> </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p class="nota"><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Cfr. De Bianchi, G., Storia di Valmontone, Valmontone 1981.</p>
</div>
<div>
<p class="nota"><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Toaff, A., The Jews in Umbria. 2. 1435-1484, Leiden 1994, p. 579, doc. 1119.</p>
</div>
<div>
<p class="nota"><a title="" href="#_ftnref3"><strong>[3]</strong></a> Simonsohn , S., The Apostolic See and the Jews. Documents: 1464-1521, Toronto 1990, p. 1199, doc. 960*; p. 1343, doc. 1061.</p>
</div>
<div>
<p class="nota"><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a>Toaff, A., The Jews in Umbria. 3. 1484-1736, Leiden 1994, p. 1180, doc. 2294; Gobbi, O., Emigrazione, conversione, riconversione ebraica nel Piceno, in La presenza ebraica nelle Marche. Secoli XIII-XX, a cura di S. Anselmi, V. Bonazzoli, Ancona 1993, pp. 109, 116 (Quaderni di «Proposte e ricerche», n. 14).</p>
</div>
</div>
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Provincia di Frosinone. Centro dei <a title="Monti Ausoni" href="http://it.wikipedia.org/wiki/Monti_Ausoni">Monti Ausoni</a>, situato nel <a title="Basso Lazio" href="http://it.wikipedia.org/wiki/Basso_Lazio">basso Lazio</a>, che sorge sopra un rialzo lungo una valle di passaggio che mette in comunicazione la valle Latina (la Ciociaria) con la piana di Fondi. Appartenne alla famiglia dell’Aquila, poi a quella dei Caetani fino al Quattrocento, quando divenne possesso dei Colonna ai quali rimase fino alla devoluzione dei feudi<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.
<p> </p>
<p>La prossimità con il regno di Napoli, richiamò a Vallecorsa ebrei d’oltreconfine in occasione della loro espulsione da parte di Ferdinando il Cattolico nel 1511 e di Carlo V nel 1541. Nel maggio 1531 <em>Benedictus Iacob</em>, abitante a V., acquistò un immobile a Sezze nel quartiere di S. Andrea da maestro Sabato Sacerdote e da <em>Vitus Ioseph hyspanus</em><a title="" href="#_ftn2">[2]</a><em>.</em> L’8 giugno 1543 Salomone di Sacerdote e suo genero David de Traietto ottennero la facoltà, di durata triennale, di esercitare il prestito a interesse nella cittadina e il 22 dicembre dello stesso anno ebbero uguale licenza i fratelli Ventura e Mosè di Graziele di Fondi<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>. Il 28 dicembre 1548 i due ottennero da Salomone di Abramo di Lipari, detto Scimmi, un prestito di 118 scudi, compresi gli interessi, che si impegnarono a restituire entro un anno<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>. Salomone di Sacerdote e suo genero ebbero nel 1544 dalla Camera Apostolica la conferma della condotta sottoscritta con la cittadinanza locale e la licenza fu rinnovata al primo per un altro biennio nel 1549. Nel 1551 ebbero l’autorizzazione di prestare su pegno qui e a San Lorenzo, per la durata di un triennio, i fratelli Mosè ed Elia di Fondi e una simile concessione, triennale, fu confermata nel 1552 anche a Ventura di Graziele<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>. Il registro della vigesima dell’anno 1550 annota la presenza a V. di <em>Ventura et fratelli</em>, la cui tassa era di 2 ducati, e di David di Traietto, tassato per 1 ducato e 60 bolognini<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>.</p>
<p>Di lì a qualche anno Ventura di Graziele trasferì la propria dimora a Frosinone e qui, il 30 gennaio 1556, fu inquisito per avere violato in materia di prestito, di beni immobili e di familiarità con i cristiani, la bolla <em>Cum sit absurdum</em> emanata da Paolo IV il 14 luglio dell’anno precedente. Per quanto riguarda il prestito, egli ammise di avere dato denaro a interesse ai cristiani dopo la bolla, ma di averlo fatto in forza di una nuova licenza concessagli da Paolo IV il 3 luglio; quanto al periodo precedente, egli aveva esercitato il prestito senza licenza, perché aveva perso il documento per strada quando era andato ad abitare da V. a Frosinone. Ventura confermò di avere posseduto in quel di V. un oliveto con molti alberi, una <em>possessione de grano</em>, <em>tre mezzi bovi in sòccita e cinque somari alla parte</em>, ma di aver venduto tutto entro il termine stabilito, come risultava dagli strumenti notarili esibiti alla corte. Per quanto riguardava il terzo reato, ammise che sua moglie aveva mandato la figlia Stella <em>a mastro Simone arracamatore in casa de notar Antonio ad imparare a raccamare</em>. Egli fu prosciolto dall’accusa relativa alla vendita degli immobili, ma venne condannato a una multa di 25 ducati d’oro, ridotta poi a 8, per avere prestato denaro senza licenza e per avere tollerato che la figlia Stella andasse a scuola di ricamo dai cristiani e conversasse con loro<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.</p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p>AA.VV., <em>La Terra Nostra</em><em> Vallecorsa</em>, Roma 1984.</p>
<p>De Rossi, P.I., <em>La comunità ebraica di Terracina (sec. XVI)</em>, Cori 2004.</p>
<p>Scarica, F. <em>Prime indagini sugli ebrei a Sezze tra medioevo e rinascimento (da una ricerca nei protocolli notarili)</em>, in Medioevo e rinascimento, ser. NS, 17 (2006), pp. 101-124.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Stirpe, M., <em>Presenza ebraica nel Lazio meridionale</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici, 5 (1988).</p>
<p>pp. 19-33.</p>
<p>Stirpe, M., <em>Gli ebrei di Campagna e Marittima e l’editto di Paolo IV</em>, in <em>Scritti in memoria di G. Marchetti Longhi, </em>Anagni 1990, pp. 291-329.</p>
<p><em> </em></p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> AA.VV., <em>La Terra Nostra</em><em> Vallecorsa</em>, Roma 1984.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Scarica, F. <em>Prime indagini sugli ebrei a Sezze</em>, p. 122.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 2243, 2239.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> De Rossi, P.I., <em>La comunità ebraica di Terracina</em>, p. 116, n. 308. Il debito fu soddisfatto il 4 marzo 1550 da Mosè di Graziele.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 2347, 2813, 2965.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Stirpe, M., <em> La presenza ebraica nel Lazio meridionale</em>, p. 29.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Stirpe, M., <em>Gli ebrei di Campagna e Marittima</em>, pp. 302-304.</p>
</div>
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Vallecorsa
Frosinone
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<p>Valentano (ואלינטאנו)</p>
<p>Provincia di Viterbo. Cittadina situata qualche chilometro ad ovest del lago di Bolsena, di origine altomedievale, nell’XI secolo era organizzata in libero comune. Nel 1354, recuperata alla Chiesa dal card. Albornoz, fu assegnata alla famiglia Farnese. Nel 1537 entrò a far parte del Ducato di Castro e ne seguì le sorti fino alla sua caduta del 1649. Dopo la distruzione di Castro, per un breve periodo, fu sede amministrativa del Ducato<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.</p>
<p> </p>
<p>Nel 1554 era attivo a V. il medico Gabriel b. Iudah di Viterbo: ricordano la sua presenza alcune ricette dategli in quella terra da un frate e che egli trascrisse in un suo ricettario di medicine<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>. A esecuzione della bolla <em>Hebraeorum gens</em> emanata nel 1559 da Pio V, che proibiva, tra l’altro, agli ebrei il commercio dei beni alimentari, il 16 luglio 1561 furono confiscati in V. i beni posti nella bottega e granaio (38 some di grano) appartenenti ai due mercanti ebrei David e Guglielmo.</p>
<p>Quando nel 1649 Castro fu distrutta, Eliseo Piazza con la sua famiglia e il figlio Eliseo con la moglie Benvenuta di Angelo chiesero di trasferirsi nella nuova capitale amministrativa dell’ex Ducato. La richiesta, accompagnata da una lettera del vescovo di Montefiascone e da una licenza delle autorità romane, fu accolta nella seduta del Consiglio del 24 ottobre 1469 con 18 voti a favore e 4 contrari<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p> </p>
<p>Mancini, B.,<em> Le comunità ebraiche nelle terre di rifugio del Patrimonio tra XVI e XVII secolo</em>, in Biblioteca e Società 22 (2003), pp. 4-13.</p>
<p>Ranucci, G.,<strong><em>Cultura giuridica e società civile a Valentano (VT) nel 1.500</em></strong><strong>, Roma</strong>1994.</p>
<p>Richler, B., Biet-Arié, M. (a cura di ), <em>Hebrew Manuscripts in the Vatican Library</em>, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2008.</p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Ranucci, G.,<strong><em>Cultura giuridica e società civile a Valentano (VT) nel 1.500</em></strong><strong>, Roma</strong>1994.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Richler, B., Biet-Arié, M. (a cura di ), <em>Hebrew Manuscripts in the Vatican Library</em>, Vat. ebr. 572.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Mancini, B., <em>Le comunità ebraiche nelle terre di rifugio del Patrimonio</em>, pp. 7, 10.</p>
</div>
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Valentano
Viterbo
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<p class="Stile2">Traetto (טראיטו, טראייטו)</p>
<p class="Stile2">Provincia di Latina. Fu fondata nell’alto medioevo su un colle prospiciente la romana Minturno ormai diruta e disfatta e fu chiamata Traietto o Traetto, dal ‘passaggio, traghetto’ del vicino fiume Garigliano<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>. Nel 1443 era tassata per 442 fuochi e nel 1521 per 281. Nel 1879 le fu dato il nome di Minturno. Fu tolta alla Campania nel 1926 e data al Lazio.</p>
<p class="Stile2"> </p>
<p class="Stile2">Una presenza giudaica nella Minturno tardoantica è attestata da un amuleto in lingua ebraica trovato nel corso di una campagna di scavo condotta in quella località, sembra nel 1930. L’amuleto, databile al V secolo dell’era volgare, è inciso su una laminetta in rame (mm 48x38), rinvenuta arrotolata.</p>
<p class="Stile2">Nella seconda metà del XV secolo era presente a Traetto una piccola comunità ebraica. Da essa proveniva Angelo de Gaudio <em>de terra Trayecti</em>, amministratore di un banco a Isernia di proprietà del cognato Abramo de Daniele di Piedimonte<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>. Appartenevano certamente al suo ceppo familiare Gaio di Angelo, Menahem di Angelo e, probabilmente, Isach ha-Rofeh q.m Angelo, tutti denominati da Traetto, esuli dal regno di Napoli nel Lazio, a San Lorenzo, nel 1556<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>. </p>
<p class="Stile2">Contemporaneo di Angelo de Gaudio era Iosef b. Mosè da Traetto proprietario di un codice contenente il <em> Sefer Iosefon</em> copiato nel 1472 a Lucera da Yehudah b. Shelomo da Camerino<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>.</p>
<p class="Stile2"> </p>
<p> </p>
<p>Bibliografia</p>
<p> </p>
<p>Ciuffi, G., <em>Memorie storiche ed archeologiche della citta di Traetto (Minturno), </em>a cura di G. Tamborrino Orsini, Perugia 1977.</p>
<p>Rofè, J.,<em> Una iscrizione ebraica su di una lamina di bronzo di Minturno</em>, in <em> Scritti in memoria di Leone Carpi. Saggi sull’Ebraismo italiano</em>, a cura di D. Carpi, A. Milano, A. Rofè, Gerusalemme 1967, pp. 49-51 ( Sez. ebr.).</p>
<p>Colafemmina, C., <em>Ebrei nel Lazio meridionale fra Tardo Antico e Alto Medioevo</em>, in <em>Antichità paleocristiane e altomedievali del Sorano</em>, Atti del Convegno di Studi (Sora, 1-2 dicembre 1984), a cura di L. Gulia, A. Quacquarelli, Sora 1995, pp. 105-114.</p>
<p>Leone, A., (a cura di), <em>Napoli. Francesco Pappacoda 1483</em>, Napoli 2001.</p>
<p>Rasile, M., <strong><em>Traetto (Minturno) nella storia del ducato di Gaeta e dei principati napoletani</em>,</strong> Gaeta 1983.</p>
<p>Sirat, M., - Beit-Arié, C., <em>Manuscrits médiévaux en caractères hebraïques portant des indications de date jusq’à 1540</em>, Paris 1972.</p>
<p>Stow<em>, </em>K. R., <em> The Jews in Rome</em>, Leiden 1995.</p>
<p> </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Ciuffi, G., <em>Memorie storiche ed archeologiche della citta di Traetto (Minturno), </em>a cura di G. Tamborrino Orsini, Perugia 1977; Rasile, M., <strong><em>Traetto (Minturno) nella storia del ducato di Gaeta e dei principati napoletani</em>,</strong> Gaeta 1983.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Leone, A., (a cura di), <em>Napoli. Francesco Pappacoda 1483</em>, Napoli 2001, pp. 43-45 (a. 1483).</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Stow<em>, </em>K.R., <em>The Jews in Rome</em>, nn. 1919, 1943, 1946,</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Sirat, M., - Beit-Arié, C., <em>Manuscrits médiévaux,</em> I, 132.</p>
</div>
</div>
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Traetto
Latina
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<p>Toscanella (Tuscania)</p>
<p>Provincia di Viterbo. Sita in un area abitata già in epoca preistorica, T. fu insediamento etrusco e poi romano e dalla fine dell’VIII secolo entrò a far parte del Patrimonio della Chiesa. Divenuta libero comune nel XII secolo, fu conquistata nel successivo da Federico II di Svevia e ritornò sotto il controllo della Chiesa solo nel Trecento. Nel 1421 T. per volere di Martino V divenne una contea, della quale fu investito Angelo Broglio da Lavello.</p>
<p>Una presenza ebraica, di provenienza romana, è attestata ad A. almeno dai primi decenni del Trecento<a title="">[1]</a>.</p>
<p>Nel 1430 abitava a T. Mele di Leo di Zacharia, che era allora in litigio con Dattolo di Concilio e suo figlio Abramo, anche loro residenti qui: Papa Martino V incaricò Giovanni Cicchini, vescovo di Viterbo, di indagare in merito e punire i colpevoli<a title="">[2]</a>.</p>
<p>Nel 1437 Jacob di Consiglio da T., abitante a Padova, era tra i concessionari della prima Condotta di prestito stipulata per la città di Firenze<a title="">[3]</a>, dove anche nei decenni successivi è riscontrabile la presenza di ebrei provenienti da questa località. Jacob, nello specifico, era sposato con Dolce di Daniele di Vitale da Pisa e negli anni ’60 del Quattrocento risultava già defunto<a title="">[4]</a>.</p>
<p>Gli israeliti locali, suddivisi in 4 nuclei familiari, sono poi nuovamente ricordati nel 1470, in un registro di collettorie della Camera Apostolica, in cui compaiono Manovello e Mele da T., che versano, rispettivamente, un tributo di 41 e 42 ducati<a title="">[5]</a>.</p>
<p>Una famiglia di banchieri ebrei abitava a Viterbo e T. intorno al 1472: ci sono per quell’epoca noti i nomi dei fratelli Mele, Manuele<a title="">[6]</a> e Abramo di Leutio, Angelo di Mele<a title="">[7]</a> e Salamone di Manuele, e Isaia e Servideo di Abramo, prestatori a Viterbo, Orvieto, T.<a title="">[8]</a> e altrove nello Stato della Chiesa. Papa Sisto IV confermò ai banchieri la loro <em>condotta</em> ed altri privilegi, e, inoltre, concesse loro un'amnistia<a title="">[9]</a>.</p>
<p>Nei primi del '500 abitava a T. Servideo David, medico, al quale Papa Giulio II dette il permesso di curare i cristiani<a title="">[10]</a>. </p>
<p> </p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p>Cassuto, U., <em>Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento</em>, Firenze 1918.</p>
<p>Esposito, A., <em>La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimonio di S. Pietro in Tuscia e Viterbo</em>, in <em>Gli ebrei nello Stato Pontificio fino al Ghetto, </em>Atti Italia Judaica VI (1995), Roma 1998, pp. 187-203.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p> </p>
<div>
<div>
<p><a title="">[1]</a> Esposito,A., <em>La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo Medioevo</em>, p. 187 e nota 2. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[2]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 676.</p>
</div>
<div>
<p><a title="">[3]</a> Cfr. Cassuto, U., <em>Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento</em>, Firenze 1918, pp. 119-131. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[4]</a> ASFi, NA, n. 16824, Ser Pietro di Antonio da Vinci, cc. 244r/245v e segg. <br /><br /><a title="">[5]</a> Esposito, A., op. cit., pp. 190-191. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[6]</a> Questi doveva trovarsi a Firenze nel 1470 (cfr. ASFi, NA, n. 16824, Ser Pietro di Antonio da Vinci, cc. 522v/526r).</p>
</div>
<div>
<p><a title="">[7]</a> Questi doveva trovarsi a Firenze nel 1477 (cfr. ASFi, NA, n. 16831, Ser Pietro di Antonio da Vinci, cc. 238v/239r). </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[8]</a> Cfr. Esposito, A., op. cit., p. 198. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[9]</a>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 964-5. Mele prestava anche a Lucignano. Ivi<em>, </em>doc. 1025.</p>
</div>
<div>
<p><a title="">[10]</a> Ivi, doc. 1190.</p>
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</div>
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Toscanella
Viterbo
-
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Provincia di Frosinone. Abitata già in epoca romana, T. fu nel Medioevo dapprima sotto il controllo del vescovo di Veroli, poi, nel XIII, fu concessa dal papato alla famiglia da Ceccano e passà infine agli Anguillara negli ultimi decenni del ‘400.
<p> </p>
<p>L’unica menzione emersa finora dai documenti, relativa ad una presenza ebraica a T. risale al 1524, quando gli ebrei locali venivano tassati, anche per la <em>vigesima</em>, con gli altri correligionari delle provincie di Campagna e Marittima<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.</p>
<p> </p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p> </p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, Doc. 1316.</p>
</div>
</div>
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Torrice
Frosinone
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<p>Tivoli (טיוולי)</p>
<p>Provincia di Roma. Città romana (<em>Tibur</em>) e medievale. Nel medioevo Tivoli fu <a title="Sede vescovile" href="http://it.wikipedia.org/wiki/Sede_vescovile">sede vescovile</a> e fortemente implicata nelle contese feudali. Nel <a title="XV secolo" href="http://it.wikipedia.org/wiki/XV_secolo">XV secolo</a> tornò nel patrimonio della Chiesa, del cui <a title="Stato della Chiesa" href="http://it.wikipedia.org/wiki/Stato_della_Chiesa">Stato</a> seguì le sorti. </p>
<p>Il documento più antico sulla presenza ebraica a T. risale al 1308, quando in una deliberazione del Comune, relativa all’emissione di severe disposizioni suntuarie, veniva fatto riferimento al prestito ebraico su pegno<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.</p>
<p>In un atto testamentario del 1373 si trova ancora un riferimento all’attività feneratizia ebraica nella località e, alcuni anni più tardi, da un rogito notarile del 1387 risulta che l’ebreo <em>Consilio Dactuli</em> prestava qui denaro su pegno: egli figurava anche nell’elenco di spese registrate dal notaio del Comune nel 1389 e, nello stesso anno, documenti comunali menzionavano un <em>Angelo Dathuli</em> ed altri ebrei, multati per aver partecipato al gioco dei dadi, che era proibito<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.</p>
<p>Sempre nel 1389, l’ebreo Elia di Vitale risultava aver prestato denaro al Comune, venendone rimborsato. All’epoca era attivo nel prestito anche l’ebreo Brunetto, che si era trasferito da Firenze a T.</p>
<p>Nel 1389, veniva imposto l’obbligo del segno distintivo – un tabarro rosso - agli ebrei locali<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>Il primo documento attestante la presenza di un medico ebreo a T. è, invece, un atto notarile del 1388, in cui Nicola Pometta del Castello dei Colli di S. Stefano promette di pagare 4 fiorini a mastro Salomone Ebreo medico in fisica di T.<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>.</p>
<p>Alcuni anni più tardi, troviamo il medico Mosè da Tivoli, che, nel 1405, otteneva la cittadinanza romana, convalidata, l’anno successivo, da papa Innocenzo VII<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>.</p>
<p>Più di una ventina di anni dopo, nel 1428, alcune famiglie ebraiche si stabilirono a T. ed al loro stanziamento viene fatto risalire l’allestimento del cimitero e della sinagoga<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>.</p>
<p>Nello stesso 1428 furono poi ratificati i <em>capitula </em>tra il Comune di T. e l’Università ebraica, di cui il medico <em>Magister </em>Saban figurava tra i rappresentanti più prominenti.</p>
<p>I <em>capitula</em> prescrivevano la cifra da versare da parte degli ebrei per i ludi di Testaccio, per il tributo al popolo romano imposto con i patti del 1259 e per eventuali spese in caso di emergenza. Gli israeliti, d’altro canto, erano esentati da ogni tributo al Comune e non dovevano essere processati se avessero ricevuto in pegno oggetti rubati<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.<em> </em></p>
<p>Nel 1475 risultava attivo nel prestito su pegno a T. il medico ebreo <em>Magister Sabatutius </em>(o <em>Sabaritius</em>)<a title="" href="#_ftn9">[8]</a>.</p>
<p>Fra i beneficiari di <em>tolleranze</em> della Camera apostolica per poter fenerare a T. nel '500 vi furono: Maestro Consulo de Rosata, medico, Emanuele alias Sbardella, Abramo de Sermoneta, Prospero di Gabriele e Moyse di Moyse, soci in T. (1538); Aleutio di Moyse da Veroli e Pellegrino da Aversa (1542); Abramo di Deodato, figlio di Mathesia da Capua (1542); Consilio de Salomone e suo genero Sabatucio de Gavio da Fondi (1543); Emanuele di Isacco da Aversa (1543, 1544); Maestro Angelo di Gaudio da Fondi e suo nipote Sabbatuccio di Beniamino e Angelo di Aleutio (1543); Ventura di Isacco Bonnani da Fondi (1543); Gayo di Emanuele, Moyse de Moyse da Rieti e Moyse di Angeluno da Loreto (1544); Peregrino di Davide e Emanuele di Isacco di Lazaro da Aversa (1546); Emanuele di Abramo da Cori (1548); Emanuele di Isacco di Lazaro da aversa e Gentildonna; vedova di Pellegrino di Davide, soci a T. (1548); Raffaele e Davide di Moyse da Aversa (1548); ed i fratelli Angelo e Ventura di Sabbatucio (1552).<a title="" href="#_ftn10">[9]</a></p>
<p>Nel 1549 papa Paolo III prorogò i privilegi degli ebrei a T. e concesse loro un perdono di tutti i delitti in seguito al pagamento della <em>vigesima</em>. Lo stesso venne fatto da papa Giulio III nel 1553.<a title="" href="#_ftn11">[10]</a></p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che, dal 1560 sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma, figurava anche quella di T. prima con 10 e poi con 12 scudi.<a title="" href="#_ftn12">[11]</a></p>
<p>Era originaria di T. la prestigiosa famiglia dei da Tivoli, prestatori attivi in Toscana, il cui membro più noto è David da Tivoli<a title="" href="#_ftn13">[12]</a>.</p>
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<h3>Quartiere ebraico e ghetto</h3>
<p>Il quartiere ebraico era ubicato nei pressi del Vicolo dei Granai, nella zona centrale di T.. Dopo la Bolla “<em>Cum nimis absurdum</em>” (1555), tale quartiere venne separato dal resto della città da due porte, mutandosi in ghetto vero e proprio. Secondo un’indicazione toponomastica settecentesca, il Vicolo dei Granai veniva designato come la “Via dei giudii”, rimanendo così denominato anche in seguito<a title="" href="#_ftn14">[13]</a>.</p>
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<h3>Sinagoga</h3>
<p>La sinagoga, che risale al XV secolo, sorgeva “<em>in Palatiis”</em>: presumibilmente, la sua ubicazione era all’angolo tra l’attuale Via Palatina e il Vicolo dei Granai<a title="" href="#_ftn15">[14]</a>. </p>
<p> </p>
<h3>Cimitero</h3>
<p>Nel XV secolo fu istituito a T. un cimitero nella località denominata “Magnano”, sito a valle dell’attuale Strada Nazionale Tiburtina<a title="" href="#_ftn16">[15]</a>.</p>
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<h3>Attività culturali</h3>
<p>A T. fu ultimato, nel 1332, il Codice 29 della Casa dei Neofiti, custodito successivamente alla Biblioteca vaticana. Nello stesso anno, Yitzhaq di Yaaqov <em>de Synagoga</em> svolgeva attività di amanuense nella località. Nel 1383, era rabbino a T. Daniel di Shemuel di Daniel-ha Rofe<a title="" href="#_ftn17">[16]</a>.</p>
<p>Nel XV secolo, Mordekhai di Yitzhaq di T. copiava il codice 269 custodito alla Biblioteca nazionale di Parigi<a title="" href="#_ftn18">[17]</a>.</p>
<p> </p>
<h3>Bibliografia</h3>
<p>Cabral, S.- Del Re, F., <em>Delle ville e de’ piu notabili monumenti antichi della città e del territorio di Tivoli, </em>Roma 1779.</p>
<p>Cassuto, U., <em>La famiglia di David da Tivoli</em>, in Corriere israelitico<em>, </em>XLV(1906-7), pp. 149-52; 261-264; 297-301.</p>
<p>Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, in <em>Alexander Marx Jubilee Volume</em>, New York 1950, pp. 230-342</p>
<p>Milano, A., <em>Storia degli ebrei in Italia</em>, Torino 1963.</p>
<p>Mosti, R., <em>Medici ebrei del XIV-XV secolo a Tivoli</em>, in Atti e Memorie della Società tiburtina di Storia e dell’ArteXXVII (1954), pp. 109-156.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980: Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Viola, S., <em>Storia di Tivoli dalla sua origine fino al sec. XVII</em>, tomi 3, Roma 1819.</p>
<p>Vogelstein, H.-Rieger, P., <em>Geschichte der Juden in Rom</em>, I, Berlin 1896.</p>
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<p>[1] Più precisamente, si tratta di una deliberazione comunale del 28 settembre 1308, aggiunta allo Statuto di Tivoli del 1305, insieme ad altre tre deliberazioni del maggio e dell’ottobre 1308. Federici, V. ( a cura di), <em>Statuto di Tivoli del 1305 con aggiunte del 1307-8, </em>Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Roma 1910, pp. 117-125, cit. in Mosti, R., <em>Medici ebrei del XIV-XV secolo a Tivoli</em>, p. 116, n. 40; cfr. <em>ivi,</em> pp. 116-120.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Tani, T., <em>Gli ebrei a Tivoli</em>, in Bollettino di Studi Storici ed Archeologici di Tivoli<em>, </em> Anno I (1919), p. 138, cit. in Mosti, R., op. cit<em>.</em>, p. 120, nn. 42- 44; Federici, V., <em>Atti del Comune di Tivoli dell’anno 1389</em>, in Bollettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, n. 28 (1906), p. 89, p. 93, cit. in ivi, p. 120, n. 45.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Federici, <em>Atti del Comune di Tivoli </em>(cit.), p. 98; p. 68; Tani, <em>op. cit.</em>, p. 138, cit. in Mosti, R., op. cit., pp. 121-123, nn. 46, 47, 55.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Viola, S., <em>Storia di Tivoli dalla sua origine fino al sec. XVII</em>, tomi 3, Roma 1819, III, 16; Tani, op. cit., p. 138; Idem, <em>Gli archiatri israeliti tiburtini</em>, in Bollettino di Studi Storici e Archeologici di Tivoli, X (1932), pp. 2066-77, cit. in Mosti, R., op. cit<em>., </em>p. 128, n. 64. Nella stessa nota il Mosti afferma che il titolo dell’ultima opera del Tani citata è improprio, perché né vi vengono menzionati “archiatri” ( nella comune accezione etimologica di medico papale, medico di corte o protomedico) né ne viene attestata l’esistenza altrove.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Mosti, R., op. cit., p. 134; il testo papale, con cui la cittadinanza di Mosè veniva convalidata, si trova in <em>ivi</em>, pp. 137-142; Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 567. Sul conferimento della cittadinanza romana a Mosè da T. e ad altri Ebrei, si veda anche la voce “Roma” della presente opera.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Mosti, R., op. cit<em>. </em>, pp. 143-144.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Pacifici, V., <em>Codice diplomatico di Antonio di Simone Petrarca</em>, Coll. “Studi e Fonti della Società Tiburtina di Storia d’ Arte”, Tivoli, 1929, p. 85; p. 85; p. 87, citato in Mosti, R., op. cit., pp. 147-148, nn. 109 e 111.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref9">[8]</a> Mosti, R., <em>op. cit.</em>, p. 152.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref10">[9]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 1888, 2104, 2177, 2237, 2242, 2253, 2288, 2350, 2363, 2649, 2794, 2796-7, 3084.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref11">[10]</a> Ivi, doc. 2872, 3156.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref12">[11]</a> Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980: Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77, p. 73.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref13">[12]</a> Per la famiglia da Tivoli, si veda Cassuto, U., <em>La famiglia di David da Tivoli</em>, in Corriere israelitico<em>, </em>XLV(1906-7), pp. 149-52; 261-264; 297-301; cfr. anche la voce “Firenze” della presente opera.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref14">[13]</a> Tani, <em>Gil ebrei a Tivoli</em>, cit., p. 136; Cabral, S.- Del Re, F., <em>Delle ville e de’ piu notabili monumenti antichi della città e del territorio di Tivoli, </em>Roma 1779, p. 127; Pacifici, V., <em>Tivoli nel Medioevo</em>, in Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte<em>, </em>V-VI (1925-26), p. 47 e p. 87, citato in Mosti, R., op. cit<em>., </em>p. 146, nn. 103-105.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref15">[14]</a> Ivi, p. 144.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref16">[15]</a> Ivi, p. 143. Da una lapide rinvenuta nei pressi si apprende della sepoltura di Rachel, moglie del medico Salomone, presumibilmente attivo a T. (si veda Mosti, R., op. cit<em>., </em>p. 129; p. 143, n. 95). Il Tani indica altri luoghi di sepoltura (presso le torri di Rocca Pia e nel cosiddetto <em>Ortaccio</em> fuori di Porta Cornunda o Cornuta), che, in assenza di riferimenti cronologici, sono stati ritenuti più tardi rispetto al cimitero di Magnano (Tani, <em>Gli ebrei a Tivoli, </em>cit., p. 138, citato in Mosti, R., op. cit<em>., </em>p. 143, n. 95).</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref17">[16]</a> Sacerdote, G., <em>Codici ebraici</em>, in Atti dell’Accademia dei Lincei, Roma 1893, p. 198, citato in Pavoncello, op. cit<em>. </em>, p. 71, n. 51; Vogelstein, H.-Rieger, P., <em>Geschichte der Juden in Rom</em>, p. 330, n. 3. Sull’attività di amanuense del <em>de Synagoga</em>, si veda Pavoncello, op. cit<em>., </em>p. 71 (senza indicazione della fonte da cui è desunta la notizia).</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref18">[17]</a> Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, p. 299 nº 331. Un amanuense di origine tiburtina, Shabbetai di Yehoshua da T. , copiava due codici negli anni Settanta e Ottanta del XV secolo, a Napoli e a Ferentino. Ivi, p. 314, nº 436.</p>
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<p>Terracina (טרצ'ינה)</p>
Provincia di Latina. Situata nella parte più interna dell’insenatura tra il Circeo e la Punta di Gaeta, ai piedi dell’estremo sprone meridionale dei monti Lepini, nel punto in cui la via Appia sbocca sul Tirreno, fu già capitale dei Volsci e fu poi conquistata dai Romani. Dall’anno 882, T. legò le proprie sorti a quelle del Patrimonio di S. Pietro, venendo definitivamente a far parte dello stato della Chiesa nel 1499.
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<p>La presenza ebraica a T. è attestata nel VI secolo, durante il pontificato di Gregorio Magno (590-604): il papa intervenne, infatti, nel 591, in favore del diritto degli ebrei di avere qui una sinagoga<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>. </p>
<p>Un cenno alla presenza ebraica nella località si ritrova poi nel XIII secolo, quando Salomone di Emanuele vi copiava, nel 1284, i Salmi con il Commento di David Qimshi, contenuti nel codice de Rossi 256<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.</p>
<p>Sebbene durante tutto il Medioevo vi siano cenni ad un nutrito insediamento ebraico nella località e all’attività feneratizia svoltavi dagli ebrei<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>, i documenti rimasti a disposizione risultano piuttosto scarsi.</p>
<p>Nel 1302 e nel 1308, un ebreo convertito, di nome Boezio Russo, veniva esentato dal Consiglio di T. dal contributo alle “gravezze pubbliche” della città. All’inizio del secolo successivo (1402), Abramo ebreo vendeva qui una vigna<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>. </p>
<p>Papa Pio II (1458-1464), autorizzava i Terracinesi a far partecipi gli ebrei di tutti i privilegi e immunità loro concessi, per consentire agli abitanti, depauperati dalle guerre con Alfonso e Ferdinando I d’Aragona, di prendere a prestito da loro il denaro necessario per pagare gli onerosi debiti contratti. Gli israeliti, considerati come forestieri residenti nella città, erano esclusi dalle cariche pubbliche ed esenti dalla maggior parte degli oneri personali. Tuttavia, erano tenuti a particolari contributi pecuniari, a concedere mutui al Comune e all’offerta di drappi per i giochi pubblici<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>. </p>
<p>Da un documento del 1472 si apprende dell’esistenza a T. di sei <em>case</em> ebraiche, di cui due presumibilmente di feneratori, stando all’entità delle tasse che dovevano pagare<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>.</p>
<p>Nel XVI secolo vi sono svariate testimonianze attestanti l’insediamento di T.<a title="" href="#_ftn7">[7]</a> e relative anche a prestatori che godevano di <em>tolleranze</em> ottenute dalla Camera Apostolica, come ad esempio Angelo di Gaudio e Sabatucio di Bonaiuto (1530); Emanuele di Salomone da Veroli e Isacco Zammatto dalla Sicilia (1533); Ventura di Sabbato da Fondi (1537, 1541); Emanuele di Salomone da Veroli (1538); Beniamin di Davide da Fondi e sua figlia Ventura nonchè Benedetto alias Beraha da Gaeta, suo fatello Salomone e suo suocero Salomone da Lipari (1544); i fratelli Sabbato e Raffaele, figli di Salomone da T. (1541, 1545, 1546, 1549); Angelo di Sabbattucci di Bonnano da Fondi e a Davide di Merdocho (1544); Emanuele da Veroli, Moyse da Pontecorvo e Palthiel da T. (1544); Beniamin di Davide da Fondi e Ventura di Isacco da Fondi (1545); Davide de Mprdocho (1546, 1549, 1554); Abramo di Pasquale da Gaeta (1547, 1549); Salomone d a Lipari, Salamone di Benedetto da Gaeta e gli eredi di Benedetto alias Beraha da Gaeta (1549); e Perna, vedova di Angelo Sellari ed il figlio Ventura da Sonnino (1550).<a title="" href="#_ftn8">[8]</a></p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che, sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma, figurava anche quella di T. prima con 10 e poi con 12 scudi<a title="" href="#_ftn9">[9]</a>.</p>
<p>Dopo il 1569, si ritrova un cenno alla presenza degli ebrei a T., nel 1784, quando veniva loro concesso di fermarvisi, durante i viaggi, per tre giorni: il soggiorno poteva prolungarsi per dieci giorni, previa autorizzazione, in occasione di fiere e mercati<a title="" href="#_ftn10">[10]</a>. </p>
<p>Il cognome “Terracina” si è conservato tra le famiglie ebraiche italiane; tra i più noti esponenti dell’attività finanziaria nel Rinascimento, vi sono i prestatori toscani “da Terracina”<a title="" href="#_ftn11">[11]</a>. </p>
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<h2>Bibliografia</h2>
<p> </p>
<p>Bianchini, A., <em>Storia di Terracina</em>, Terracina 1952.</p>
<p>Caciorgna, M.T., <em>Per lo studio delle comunità ebraiche nel Lazio meridionale: fonti, problemi, orientamenti</em>, in YpothèkaiIII (1987).</p>
<p>Colafemmina, C., <em>Ebrei nel Lazio meridionale tra tardo antico e alto medioevo</em>, in <em>Antichità paleocristiane e altomedievali del Sorano</em>, Sora 1985.</p>
<p>Cassuto, U., <em>Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento</em>, Firenze 1918.</p>
<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Freimann, A., Jewish Scribes in Medieval Italy, in <em>Alexander Marx Jubilee Volume</em>, New York 1950, pp. 230-342.</p>
<p>Loevinson, E., <em>Zur Geschichte der Juden in Terracina</em>, in <em>Monatsschrift für Geschichte und Wissenschaft des Judentums</em> N.S.XXX (1922), pp. 149-155.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969).</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980 : Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77. </p>
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<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Pietro, vescovo di T., aveva cacciato gli ebrei dalla sinagoga che avevano nella località e, dopo che si erano scelti un’altra sede per istituirvi il luogo del loro culto, li aveva espulsi anche da lì. Gli ebrei informarono dell’accaduto Gregorio Magno, che intervenne con una lettera nel 591 perché non venissero impediti nell’esercizio del culto e perché non fossero respinti dall’eventuale desiderio di avvicinarsi al cristianesimo dall’atteggiamento vessatorio dei cristiani. Qualche mese dopo, il papa, avendo appreso che il vescovo Pietro si lamentava perché la sinagoga era troppo vicina alla chiesa e il salmodiare degli ebrei disturbava i fedeli cristiani, scriveva una seconda lettera, con cui incaricava lo stesso vescovo e quelli di Formia e di Fondi di verificare il presunto danno arrecato dalla presenza ebraica, assegnando, se del caso, un altro luogo per l’ubicazione della sinagoga. Papa Gregorio, inoltre, ribadiva che gli ebrei fruivano delle leggi romane e, salvo il possesso di schiavi, potevano agire liberamente. Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 3, 8. Sulle lettere di Gregorio Magno in favore degli ebrei di T. si soffermano tutti gli autori che si sono occupati della presenza ebraica nella località, tra cui menzioniamo : Bianchini, A. <em>Storia di Terracina</em>, p. 119; Colafemmina, C., <em>Ebrei nel Lazio meridionale tra tardo antico e alto medioevo</em>, in <em>Antichità paleocristiane e altomedievali del Sorano</em>, Sora 1985, pp. 105-114, pp. 109-110 ; Loevinson, E., <em>Zur Geschichte der Juden in Terracina</em>, p. 149; Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, pp. 58-59. </p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, p. 320, n. 468. Anche nel XV secolo, proseguiva l’attività dei copisti in relazione alla presenza ebraica a T. : nel 1494, Sansone Zarfati di Elia in Firenze copiava il Pentateuco con Targum e Rashi ( codice de Rossi 878 ) per Menahem di Meshullam di T. Ivi, p. 318, n. 459; cfr. Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 60.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Bianchini, A., <em>Storia di Terracina</em>, p. 189; si veda anche Caciorgna, M.T., <em>Per lo studio delle comunità ebraiche nel Lazio meridionale: fonti, problemi, orientamenti</em>,p. 18; Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 59.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Lattes, D., postilla a “<em>Zur Geschichte der Juden in Terracina</em>”, <em>Monatsschrift f</em><em>ü</em><em>r Geschichte und Wissenschaft des Judentums</em>, N.S. XXXI (1923), p. 209. Le agevolazioni fiscali di cui godette Boezio Russo sono anche menzionate dal Bianchini, op. cit<em>.</em>, p. 185.</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Bianchini, A., op. cit<em>.</em>, p. 189; Loevinson, E., <em>Zur Geschichte der Juden in Terracina</em>, p.150. La Bolla di Pio II, con cui si autorizzavano i Terracinesi a mantenere l’insediamento ebraico, dati i vantaggi economici che apportava alla città, è stata pubblicata in ivi,p. 151 e in Simonsohn, S., <em>The Apostolic See.</em>, doc. 875.</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici, 2 (1985), pp. 151-158, p. 156; Simonsohn, S., op. cit<em>.,</em> doc. 960. Dal documento del 1472 ivi citato, risultavano pagare 20 ducati a testa le famiglie (“case”) Cresci e Begnamini, mentre le altre quattro pagavano 3 ducati ciascuna (cfr. Caciorgna, M.T., op. cit<em>.</em>, p. 18).</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Loevinson, E., op. cit.,pp. 151-153; Caciorgna, M.T., op. cit.,p. 18, n. 19.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Simonsohn, S., op. cit., doc. 1495, 1620, 1840, 1886, 2019, 2037, 2101, 2353, 2457, 2479, 2520, 2660-1, 2663, 2668, 2819-20, 2823, 2838, 2907, 3236.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref9">[9]</a> Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969), p. 3.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref10">[10]</a> Loevinson, E., op. cit<em>.</em>, p. 154.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref11">[11]</a> Ivi, p. 149; sui “da Terracina”, si veda Cassuto, U., <em>Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento</em>, Firenze 1918.</p>
</div>
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Terracina
Latina
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<p>Provincia di Viterbo. Le origini dell’insediamento risalgono ai tempi etruschi e romani. Superata nel medioevo dalla vicina Corneto, fu rinominata assieme a quella Tarquinia in epoca contemporanea.</p>
<p>Una presenza ebraica, di origine romana, è attestata a T. almeno dai primi decenni del Trecento<a title="">[1]</a>, ma già nel 1293 si erano instaurati dei legami finanziari tra il Comune e i prestatori Sabato di Gennatano, Sabato di Vitale, Vitale di Daniele ed uno Zaccaria<a title="">[2]</a></p>
<p>Nel 1388 Salomone di Dattilo di Salomone, abitante a Perugia, agendo a nome di Consiglio di Dattilo di Daniele, abitante di T., prestava 50 fiorini d'oro a Musetto di Dattilo di Salomone, abitante a Viterbo. Quattro anni più tardi lo stesso Consiglio diventava socio di Salomone di Dattilo, ancora abitante a Perugia<a title="">[3]</a>.</p>
<p>Nel 1414 Diodato di Emanuele da Corneto, con Josef di Samuele <em>de Francia</em> e Isacco di Emanuele da Rimini, ottenne la condotta per fenerare a Castiglion Fiorentino, mentre nel 1422 Dattilo di Angelo da Corneto, insieme a Salomone e Guglielmo di Aliuccio da Arezzo e Bonaventura del fu Abramo da Città di Castello, stipulò i Capitoli per prestare a Cortona, dove già aveva esercitato tale attività<a title="">[4]</a>.</p>
<p>Nel 1446 e nel 1449 era presente a Camerino un Abramo di Maestro Musetto da Corneto<a title="">[5]</a>.</p>
<p>Gli israeliti locali, suddivisi in 9 nuclei familiari, sono poi nuovamente ricordati nel 1470, in un registro di collettorie della Camera Apostolica, in cui sono nominati un Abramo, imbastario, che versa un tributo di 20 ducati, e gli eredi di Maestro Gugliemo da C., una volta detentore del banco autorizzato dal Comune<a title="">[6]</a>.</p>
<p>Nel 1472 a detenere un banco a T., come filiale di quello viterbese, erano Mosè, Salomone e Leuccio di Matassia di Leuccio da Viterbo e Sabato di Leuccio da Viterbo, con il figlio Dattilo<a title="">[7].</a></p>
<p>Nel 1484 i fuochi ebraici di T. appaiono ridotti, però, a 5: ciò è spiegabile con la generale recessione vissuta dal centro, il cui porto era stato peraltro interrato, sul finire del Quattrocento<a title="">[8]</a>.</p>
<p>Nel 1587 Papa Sisto V riammise gli ebrei nello Stato della Chiesa, dopo la cacciata del 1569 ad opera di Pio V, e un Cherubino del fu Vitale ottenne così la licenza di risiedere a T<a title="">[9]</a>. </p>
<p> </p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p>Esposito, A., <em>La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimonio di S. Pietro in Tuscia e Viterbo</em>, in <em>Gli ebrei nello Stato Pontificio fino al Ghetto, </em>Atti Italia Judaica VI (1995), Roma 1998, pp. 187-203.</p>
<p>Loevinson, E., <em>La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles</em>, REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.</p>
<p>Toaff, A., <em>The Jews in Umbria</em>, Leiden-New York-Köln 1993-94.</p>
<div><br /><div>
<p><a title="">[1]</a> Esposito,A., <em>La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo Medioevo</em>, p. 187 e nota 2. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[2]</a> Ivi, p. 189. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[3]</a> Toaff, A., <em>Umbria, </em>doc. 490, 533. Cfr., però anche doc. 557.</p>
</div>
<div>
<p><a title="">[4]</a> ASFi, Statuti delle comunità autonome e soggette, n. 201, cc. 482r/484v (6 marzo 1414) e n. 280, cc. 252r/257v (21 febbraio 1422). Citato in Toniazzi, M.<em>, I da Camerino: una famiglia ebraica italiana fra Trecento e Cinquecento</em>, Tesi di Dottorato presso l’Università di Firenze, anni 2010-2013, p. 111 e p.117. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[5] </a>SASC, Notarile di Camerino, Ser Matteo Santucci, n. 259, c. 79r/v e n. 4601, carta non numerata.</p>
</div>
<div>
<p><a title="">[6]</a> Esposito, A., op. cit., pp. 190-192. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[7]</a> Ivi, p. 198. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[8]</a> Ivi, p. 192. </p>
</div>
<div>
<p><a title="">[9]</a> Loevinson, E., <em>Banques de prêts</em>, p. 27.</p>
</div>
</div>
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Tarquinia
Viterbo
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Provincia di Frosinone. Cittadina del versante orientale dei Monti Lepini che fu un feudo della famiglia Conti de Supino e, dal 1503, dei Colonna<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.<br /><br />Il 28 aprile 1476 Iacopo d’Acquasparta fu nominato commissario per l’esazione della tassa della vigesima imposta agli ebrei della provincia pontificia di Campagna e Marittima, tra cui quelli abitanti a S.<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.
<p>Un Lustro de Supino era attivo negli ultimi decenni del XV secolo nel regno di Napoli. Nel 1486 egli era debitore nei confronti della Regia Corte, per la tassa dovuta dagli ebrei del Regno, della somma di 5 ducati<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<br /><p><em>Bibliografia</em></p>
<p> </p>
<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Giammaria, G. (a cura di), <em>Lo Statuto di Supino</em>, Anagni 1986.</p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a>Cfr. Giammaria, G. (a cura di), <em>Lo Statuto di Supino</em>, Anagni 1986.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Esposito, A., <em>Una </em>descriptio<em> relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale</em>, pp. 153-154.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> ASNa, Sommaria, <em>Petizioni e significatorie dei relevi</em> 7, fol. 147v.</p>
</div>
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Supino
Frosinone
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Provincia di Roma. Sorge su una rupe rocciosa che domina la valle dell’Aniene, fra i monti Affilani e i monti Simbruini. In una grotta nelle sue vicinanze, alla fine del sec. V, si ritirò per diversi anni Benedetto da Norcia prima di dirigersi a Cassino. Nel 937 papa Leone VII cedette il castello di Subiaco, primo nucleo del paese, al monastero di S. Scolastica, di cui fu feudo sino al 1456, quando l’Abbazia fu eretta in Commenda e affidata a cardinali. Nel 1465 sotto il regime del primo abate commendatario, lo spagnolo Juan Torquemada, fu impiantata nel monastero di S. Scolastica la prima tipografia in Italia a caratteri mobili ad opera degli stampatori <strong>C. Schweynheym</strong>ed<strong>A. Pannartz</strong><a title="" href="#_ftn1"><strong><strong>[1]</strong></strong></a><strong>.</strong>
<p><strong> </strong></p>
<p>Gli ebrei furono presenti a S. almeno dalla prima metà del secolo XV. Il 26 gennaio 1459, infatti, Abramo di Guglielmo Sabbatuzio di Alatri dava quietanza per i beni dotali ricevuti per le sue nozze con Bellastella figlia di mastro Vitale di mastro Dattilo di S.<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>. Nel 1472 è registrato nella cittadina un nucleo familiare, il quale doveva per la vigesima di quell’anno la non modica somma di 30 ducati<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>S. era prossima al regno di Napoli, e questo portò nella cittadina ebrei d’oltreconfine, in particolare al tempo dell’espulsione generale del 1541. Uno di tali esuli, il medico Gabriel Colonna (o Columba), ottenne nel 1542 il permesso di curare i cristiani, purché assicurasse che avrebbero ricevuto i Sacramenti prima che egli iniziasse il trattamento. Era, invece, banchiere a quell’epoca Emanuel di Simone (o di Samuel) di Ariano Irpino, il quale ottenne nel 1544 la licenza, valida per tre anni, di prestare a interesse in S. La licenza gli fu confermata nel 1550 e nel 1533, ma nel 1550 fu data anche ad Abram di Salomone di Empoli<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>.</p>
<p>Nel 1544 maestro Gabriel Columba, Emanuel de Supino ed Emanuel de Samuel versarono 3 scudi per la tassa della vigesima. Nel 1556 l’esattore registrò per S. solo un nucleo intestato a un Manuele – di certo Emanuel di Samuel - e il pagamento di 4 ducati da lui eseguito per la suddetta tassa<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>.</p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p> </p>
<p>Esposito, A., <em>Gli ebrei nella regione di Campagna alla fine del Medioevo: prime indagini</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici, 7 (1990), p. 1-26.</p>
<p>Iannuccelli, G., <em>Memorie storiche di Subiaco e della sua Badia</em>, Genova 1856.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Stirpe, M., <em>Presenza ebraica nel Lazio meridionale</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici, 5 (1988).</p>
<p>pp. 19-33.</p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Iannuccelli, G., <em>Memorie storiche di Subiaco e della sua Badia</em>, Genova 1856.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Esposito, A., <em> Gli Ebrei nella regione di Campagna</em>, p. 75.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 960.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Ib., doc. 2123, 2402, 2893, 3131.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 2434; Stirpe, M., <em>Presenza ebraica nel Lazio meridionale</em>, p. 33.</p>
</div>
</div>
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Subiaco
Roma
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Provincia di Viterbo. Posto alle pendici del Monte Cimino, S. fu conquistato dai Romani al tempo della guerra contro gli Etruschi. Donata al papato da Liutprando, l’area fu tra VIII e XIII secolo di pertinenza prima del’’Abbazia di Sant’Andrea in Flumine, poi del monastero di S. Silvestro in Capite ed infine del convento di San Lorenzo fuori le mura di Roma. Dalla metà del Duecento S. appartenne ai Guastapane-Pandolfo, per divenire in seguito un feudo degli Orsini, che a loro volta lo vendettero alla Santa Sede nel 1366.
<p> </p>
<p>Nel 1532 esisteva un banco da prestito ebraico a S., ma non conosciamo il nome del proprietario né altri particolari<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>. Di certo sappiamo, invece, che nel 1549 il Camerlengo papale concesse una <em>tolleranza</em> e relativa proroga quinquennale per poter prestare qui ai soci Giacobbe di Lazzaro da Viterbo ed Amedeo e Abramo da Thophia (Toffia). Tale licenza fu ulteriormente prorogata nel 1552<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.</p>
<p> </p>
<p> </p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p><em> </em></p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<br /><div><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 1558.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Ivi, doc. 2849, 3067.</p>
</div>
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Soriano nel Cimino
Viterbo
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<p>Sonnino (סונינו)</p>
Provincia di Latina. Sorge sulla collina S. Angelo, a ridosso dalla catena montuosa degli Ausoni, e fu un feudo dei Caetani d’Aragona e poi dei Colonna.<br /><br />Negli ultimi anni del XV secolo risiedeva a S. lo scriba Benyamin b. R. Shabbetai, originario della Sicilia. Nel giugno 1496, o 1499, egli copiò in Genazzano la sezione <em>Agiografi</em> della Bibbia per Gershom b. Yaqob di Valmontone, lì abitante (Ms. Parma 1858).
<p>Nel 1524 S. è nell’elenco delle comunità di Campagna e Marittima tenute al pagamento della tassa della vigesima<a title="" href="#_ftn1">[1]</a> e, nel 1542, i contribuenti risultano Angelo di Sabato, per 2 scudi, e Ventura di Angelo e Lazzaro per 6 scudi, mentre, nel 1544, i tassati furono Angelo di Emanuele Sellaro e Isach di Iacob de Caivano, il quale era banchiere sia qui che a Priverno. A S. nel 1548 erano banchieri Lazzaro di Abramo di Cori e Perna, moglie di Angelo di Emanuele, la quale, oltre che in questa località, aveva facoltà di prestare in ogni luogo dei domini papali, eccetto che a Roma e a Bologna<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>. Nel 1550 la donna, diventata vedova, e suo figlio Ventura ottennero la facoltà di gestire un banco di credito a Terracina, o altrove, alle condizioni concesse agli ebrei di quel luogo<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>. In quest’anno la vigesima, ammontante a 8 ducati, fu imposta in S. al solo Ventura.</p>
<p>Nel 1556 quest’ultimo, insieme a Beniamino di Sabbatino anch’egli dimorante qui, fu inquisito per violazione della bolla <em> Cum nimis absurdum</em> emanata l’anno prima da Paolo IV. Beniamino fu assolto, mentre Ventura fu condannato ad una multa di 50 scudi d’oro (poi ridotta dietro sua istanza a 15 scudi) perché riconosciuto colpevole di avere richiesto un interesse più alto del dovuto, di avere concesso prestiti nei giorni festivi e di precetto e di avere giurato il falso in pubblico sui pegni.</p>
<p>Alla fine del XVII secolo risiedeva nel ghetto di Roma il facoltoso commerciante Abramo Sonnino<a title="" href="#_ftn4">[4]</a></p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p> </p>
<p>De Rossi, P.I., <em>La comunità ebraica di Terracina (sec. XVI)</em>, Cori 2004.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Stirpe, M., <em>Presenza ebraica nel Lazio meridionale</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici, 5 (1988).</p>
<p>pp. 19-33.</p>
<p>Stirpe, M., <em>Gli ebrei di Campagna e Marittima e l’editto di Paolo IV</em>, in <em>Scritti in memoria di G. Marchetti Longhi, </em>Anagni 1990, pp. 291-329.</p>
<p>Vogelstein, H.- Rieger, P., <em>Geschichte der Juden in Rom</em>, 2 voll, Berlin 1895-96.</p>
<p>Zeldes, N., <em>Diffusion of Sicilian Exiles and their Culture as Reflected in Hebrew Colophons</em>, in Hispania Judaica Bulletin 5 (2007), pp. 321-22; 330-332.</p>
<p> </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 1316.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Ib., doc. 2191, 2383, 2409, 2431, 2778. 2907.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Ib., doc. 2907. Angelo di Emanuele proveniva da Genazzano. Cfr. De Rossi, P.I., <em> La comunità ebraica di Terracina</em>, pp. 107, 111-112, doc. 270, 286.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Vogelstein, H.-Rieger, P., op. cit<em>.,</em> II,pp. 227-228</p>
</div>
</div>
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Sonnino
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<p>Sezze ( <a title="" href="#_ftn1">[1]</a>סצה, זיצי)</p>
Provincia di Latina. Centro di origine latina, divenne una colonia romana nel IV secolo a.C. e nel medioevo fu libero Comune (dove risedettero per alcuni periodi anche i papi Gregorio VII, Pasquale II e Lucio III) e nel ‘300, sebbene per un breve periodo, fu retta dai Caetani. S. faceva parte dello Stato della Chiesa.
<p> </p>
<p>Una presenza ebraica a S. si desume dal fatto che Elia di Yosef, che copiava nel 1433 a Termoli un manoscritto (il codice de Rossi 1032) per Mordekhai di Isaia di Termoli, veniva denominato “da S.” e presumibilmente di S. era anche un Meshullam che copiava il Pentateuco e i Profeti Anteriori nel XIV secolo<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>.</p>
<p>Attestazione certa di ebrei nella località si ha da un documento del 1452 in cui papa Nicolò V confermò la vendita del lascito del fu Giacobbe di Moyse a Sezze, in seguito alla confisca dello stesso da parte della Camera apostolica nelle provincie di Campagna e Marittima<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>Nel 1472 risultavano tassati della <em>vigesima</em> Mosce de Moscetto e Mosce de Angelo e nel 1524 pagavano questa ed altre tasse con gli ebrei delle provincie di Campagna e Marittima<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>.</p>
<p>Un altro cenno alla presenza ebraica si desume da un atto del 1482, in cui Eliezhar di Yosef ha-Lewi ha-sefaradi (lo spagnolo) si dichiarava in credito per una somma di ducati con i fratelli Shabbetai e Daniele sino all’anno in cui si trovava a S.<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>.</p>
<p>I banchieri che qui godevano della <em>tolleranza </em>da parte del Camerlengo papale furono i soci Maestro Sabbato, medico e Zaccharia di Giuseppe (esule da Napoli)(1541, 1545); Benedetto di Angelo (1545) e Oziel (Uziel) (1545, 1547); Sabbato di Angeloni (1545); maestro Mele, rabbino (1545); Salomone di Angelo dalla Sicilia (1545).<a title="" href="#_ftn6">[6]</a></p>
<p>Graziano Sacerdote da S. ottenne nel 1553 il perdono da papa Giulio III dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver assunto un assassinio per uccidere Salomone, essere stato condannato a morte e alla confisca dei beni, ma aver fatto pace con la famiglia del defunto<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>. </p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che, sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma, figurava anche quella di S. prima con 10 e poi con 12 scudi<a title="" href="#_ftn8">[8]</a>.</p>
<p> </p>
<h1>Sinagoga</h1>
<p>Secondo una testimonianza appresa <em>in loco</em>, la sinagoga, di cui non vi è ormai traccia, avrebbe dovuto trovarsi nell’attuale via Marconi, dove sarebbe stato anche il quartiere ebraico<a title="" href="#_ftn9">[9]</a>.</p>
<p> </p>
<h1>Bibliografia</h1>
<p> </p>
<p>Cassuto, U., <em>Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento</em>, Firenze 1918.</p>
<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, in <em>Alexander Marx Jubilee Volume</em>, New York 1950, pp. 230-342.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969).</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980 : Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Questa traslitterazione risulta dal manoscritto di Elia di Yosef da Freimann, S., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, p. 257.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Freimann, op. cit<em>., </em>p. 257; p. 297. Sulla controversa identificazione di S., si veda Cassuto, U., <em>Gli ebrei</em><em>a</em><em>Firenze nell’età del Rinascimento</em>, Firenze 1918, p. 259.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Simonsohn<em>,</em>S., <em> The Apostolic See</em>, Doc. 899.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, p. 156; Simonsohn, S., op. cit<em>.,</em> doc. 960, 1316. Vedi anche doc. 1698, 2137, 2200, 2307, 2418, 2427, 2553, 2601, 2761.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> L’atto, datato 25 Nissan 5242 (corrispondente al marzo-aprile 1482), si trova nel Manoscritto n. 15 della Casa dei Neofiti di Roma, conservato nella biblioteca Vaticana. Sacerdote, G., <em>I codici ebraici della Pia Casa dei Neofiti a Roma</em>, Atti R. Accademia dei Lincei<em>, </em>Volume IX (1892-1893), parte I , cit. (senza indicazione della relativa pagina) in Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, p. 58, n. 23.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Simonsohn, S., op. cit<em>.,</em> doc. 2065-6, 2489, 2502, 2505. 2519, 2552, 2665.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Ivi<em>, </em>doc. 3160</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Pavoncello, N<em>., Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana,</em> p. 3.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref9">[9]</a> Pavoncello, N., <em>Le</em> <em>comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, p. 58.</p>
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Sezze
Latina
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Provincia di Caserta. È l’antica <em>Suessa</em>, il centro principale degli <em>Aurunci</em>: nel 1864, infatti, il nome assunse la specificazione di <em>Aurunca</em>. Dopo la decadenza seguita alla caduta dell’Impero Romano, risorse nel XII secolo e riacquistò un suo più definito ruolo tra il XIV e il XV secolo sotto i Marzano, che ne fecero la capitale dei loro feudi. Nel 1464 Sessa tornò nel demanio regio e nel 1507 divenne feudo di Gonzalo Fernandez de Corduba. Nel 1268 fu tassata per 253 fuochi, nel 1443 insieme ai suoi casali per 1948 e nel 1521 per 1527<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.
<p> </p>
<p>In età angioina S. ospitava una cospicua comunità ebraica. Nel 1294, infatti, sotto la pressione conversionistica della Corte e degli Ordini Mendicanti 34 ebrei ricevettero il battesimo e furono esentati dal pagamento delle tasse<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>. In età aragonese vi erano ancora ebrei, attivi per lo più con banchi di prestito. Nel 1452 Sabatino de Moyse di Sessa era tra gli esattori del donativo di 1.000 ducati richiesto da Alfonso I d’Aragona per la conferma del privilegio concesso agli ebrei di prestare a interesse e nel 1457 egli ottenne a Cosenza che nessun altro giudeo per lo spazio di quindici anni potesse prestare nella città e nei suoi casali<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>. Intorno al 1460 era banchiere a Sessa un Salomone e nel 1473 un Angelo di Moise, mentre a Carinola, verso il 1480, c’era un Ventura de Angelo, in favore del quale nel 1488 la Camera della Sommaria scrisse all’università di Carinola perché gli restituisse 30 ducati che aveva costretto a prestarle<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>. Personalità notevole nel campo bancario fu Mele di Salomone del fu Meluccio da Sessa<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>, attivo a Firenze tra il 1451 e il 1494. La figlia primogenita Gentilesca, nata sembra da un suo primo matrimonio, nel 1452 era moglie di Salomone di Sabbatuccio da Alatri abitante in Caiazzo, in Terra di Lavoro.</p>
<p>Non pare che gli ebrei di Sessa abbiano avuto controversie di rilievo con la città in cui abitavano. Ci è noto, però, un intervento della Camera della Sommaria nel 1492 presso il capitano di Sessa perché rendesse giustizia agli ebrei Raffaele Ventura e Manuele, minacciando in caso contrario di avocare a sé la loro causa e, nel 1493, ci fu un altro intervento presso lo stesso capitano, perché facesse restituire agli ebrei i materassi, le lenzuola e le altre robe che avevano prestato a diversi cittadini in occasione della venuta del re in città<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>.</p>
<p>Per gli anni seguenti la documentazione finora nota è scarsa. Nel 1535 Donna Perna, figlia di Isacco Boni Anni di Fondi e moglie di Raffaele del fu Amadio, dichiarò di avere ricevuto dal fratello Ventura abitante in Sessa la dote di 130 ducati, 20 dei quali in panni, e inoltre 13 ducati <em>pro basatura</em><a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.</p>
<p>L’espulsione generale ordinata nel 1540 da Carlo V, infine, vide emigrare la maggior parte degli ebrei sessani verso il vicino Lazio<a title="" href="#_ftn8">[8]</a>.</p>
<p> </p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p> </p>
<p>Borgolotto, E., <em>Mele di Salomone da Sessa: un banchiere campano nella Firenze della metà del Quattrocento</em>, in Annali dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici, XVII-2000, 2001, p. 143-168.</p>
<p>Colafemmina, C., <em>Documenti per la storia degli ebrei in Campania (II)</em>, pp. 74-79.</p>
<p>Di Marco, G., <em>Sessa e il suo territorio tra medioevo ed età moderna</em>, Marina di Minturno 1995.</p>
<p>Ferorelli<em>, </em>N., <em>Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, </em>Torino 1915.</p>
<p>Mazzoleni, J., <em>Il "Codice Chigi", un registro della cancelleria di Alfonso I d'Aragona re di Napoli per gli anni 1451-1453</em>, Napoli 1966.</p>
<p>Silvestri, A., <em>Gli ebrei nel regno di Napoli durante la dominazione aragonese</em>, in Campania Sacra 18 (1987), 21-77.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p>Villucci, A. M., <em>Sessa Aurunca. Storia ed Arte</em>, Marina di Mintuturno 1995.</p>
<p> </p>
<p> </p>
<p><strong> </strong></p>
<p> </p>
<p> </p>
<p> </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Cfr. Di Marco, G., <em>Sessa e il suo territorio tra medioevo ed età moderna</em>, Marina di Minturno 1995; Villucci, A. M., <em>Sessa Aurunca. Storia ed Arte</em>, Marina di Mintuturno 1995.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a>Ferorelli, N., <em> Gli ebrei nell’Italia meridionale,</em> p. 55.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Mazzoleni, J., <em>Il “Codice Chigi”,</em> pp. 332-333, n. 333.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Silvestri, A., <em>Gli ebrei nel regno di Napoli</em>, p. 69; ASNa, <em> Sommaria, </em>Partium 29, c. 16r.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a>Su Mele di Salomone da Sessa si veda ad esempio il contributo di Borgolotto, E., <em>Mele di Salomone da Sessa: un banchiere campano nella Firenze della metà del Quattrocento</em>, in Annali dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici, XVII-2000, 2001, p. 143-168.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> ASNa, <em>Sommaria</em>, Partium 33, c. 170v; 37, c. 199v. Nel 1493 era re di Napoli Ferrante I d’Aragona.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Pesiri, G., <em>Appunti sulla comunità ebraica di Cori</em>, p. 52, n. 63.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Cfr. Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 2746, 3010; Stow, K.R., <em>The Jews in Rome</em>, nn. 872, 1089.</p>
</div>
</div>
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Caserta
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<p>Sermoneta (סרמונטה)</p>
Provincia di Latina. Posta nel Lazio meridionale, a 257 m. di altezza su di un estremo dosso dei monti Lepini, è una propaggine del Monte Carbolino, che domina la pianura pontina (un tempo infestata dalla malaria) e, dalla fine del secolo XIII, fu un feudo dei Caetani, con titolo ducale.
<p> </p>
<p>Il primo documento relativo ad una presenza ebraica a S. risale al 1297, quando tra gli abitanti del <em>castrum </em>che giurarono fedeltà a Pietro Caetani (dopo che questi avevano acquistato dagli Annibaldi il possesso della località) figurava anche un Sabbatuccio giudeo. Tuttavia, dal documento non si può stabilire se Sabbatuccio giurasse solo per sé o anche per altri ebrei: posto questo, e dato che non vi sono attestazioni dell’esistenza, all’epoca, di una comunità ebraica <em>in loco</em>, si può supporre che solo Sabbatuccio e famiglia vivessero qui allora<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.</p>
<p>Sino al secolo XV, non è stata rinvenuta una documentazione scritta relativa agli ebrei<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>, mentre, dai protocolli di un notaio quattrocentesco (Antonio Tuzi), che coprono una quarantina d’anni circa (dal 1422 al 1464), si desume l’esistenza di una comunità ebraica relativamente numerosa, se si considera anche che vi compaiono una ventina di nominativi di capofamiglia e vi sono a svariati riferimenti ad altri ebrei presenti già nei rogiti di ulteriori notai per quietanze, dilazioni di prestiti ed altro<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>Alcuni israeliti risultavano allora essersi recentemente stanziati a S., provenendo da località limotrofe (Fondi, Velletri, Anagni ), mentre altri vi si erano stabiliti in seguito a matrimoni con correligionari ed altri ancora vi possedevano immobili o vi svolgevano un’attività lavorativa<a title="" href="#_ftn4">[4]</a>.</p>
<p>Nel gruppo ebraico, spicca Abramo di Mosè, che Onorato III Caetani esentava, nel 1448, dal censo annuo dovutogli per il possesso del macello, chiamandolo <em>suum servitorem dilectum</em> e ricordando i servizi resi da Abramo alla propria curia (presumibilmente, prestiti e finanziamenti)<a title="" href="#_ftn5">[5]</a>.</p>
<p>Abramo, inoltre, tra il 1442 e il 1453, risultava impegnato con un socio cristiano, Giacomo Colelli, nel prestito, nel commercio e nella pesca, avendo in affitto lo stagno di Fogliano, da cui pescavano anguille che venivano salate e inviate a Roma, dove i due erano rappresentati da procuratori. Nel 1444 altri tre soci cristiani si unirono ad Abramo e a Giacomo per stipulare con un velletrano cristiano un accordo per il commercio del pesce. Abramo e Giacomo, poi, vendettero una casa di cui erano comproprietari , nel 1444 e nel 1453: in quest’ultimo caso, si trattava con certezza di un immobile che era stato dato loro in pegno. Inoltre, nel 1449, i due anticiparono una parte del capitale necessario per una farmacia, i cui gestori erano cristiani<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>.</p>
<p>Abramo, tra la fine degli anni Trenta e gli anni Cinquanta del secolo, risultava impegnato anche in altre attività: l’allevamento degli ovini, per cui aveva dei pastori alle proprie dipendenze, l’allevamento dei bufali, per cui stipulava dei contratti di soccida e il macello, nel quale era in società con tre macellai cristiani<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.</p>
<p>Nel 1456, Mosè di Abramo (forse nipote di Abramo di Mosè) era in società con un nobile di S., Giacomo Impaccianti, per prestare denaro dietro pegno<a title="" href="#_ftn8">[8]</a>.</p>
<p>Dagli anni Venti alla fine degli anni Quaranta sono registrati svariati atti relativi al prestito, ma non vi è attestazione né di una condotta né di un banco feneratizio: risultano a quell’epoca come prestatori Iadello Giudeo, Abramo di Mosè, <em>Magister </em>Emanuele di <em>Magister </em>Vitale, medico, e Leone Crisci, orefice<a title="" href="#_ftn9">[9]</a>.</p>
<p>Anche se, generalmente, erano gli ebrei che prestavano ai cristiani, in due casi è attestato il contrario<a title="" href="#_ftn10">[10]</a>.</p>
<p>Per S. abbiamo anche della documentazione relativa alla conversione, nel 1450, di Bella di Benedetto da Priverno, che, alla presenza del feudatario e del vescovo di Terracina, veniva battezzata e adottata dal canonico di S., che si impegnava a mantenerla fino alle nozze e a fornirle la dote<a title="" href="#_ftn11">[11]</a>. </p>
<p>Sull’elenco dei contribuenti alla vigesima nel 1472 figuravano quattro ebrei a S., tra cui un “Mastro Angelo medico”<a title="" href="#_ftn12">[12]</a>.</p>
<p>La famiglia del già ricordato Abramo godette presumibilmente di prestigio e prosperità a S. per tutto il XV secolo, declinando, in seguito, insieme alle fortune della comunità, come farebbe supporre il gran numero di atti di vendita, da parte ebraica, di case e terre stipulati al principio del XVI secolo (quando, dopo il periodo del dominio dei Borgia, tornarono al potere i Caetani). Pertanto, è stata avanzata l’ipotesi che l’esodo dalla località fosse iniziato molto prima dell’espulsione del 1569: in ogni caso, il catasto del 1574 fa riferimento a due soli beni immobili di proprietà degli ebrei <em>in loco</em>: la sinagoga e il cimitero.</p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che, sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma, figurava quella di S. prima con 10 e poi con 12 scudi<a title="" href="#_ftn13">[13]</a>.</p>
<p> </p>
<h1>Attività economiche</h1>
<p>Tra le varie attività degli ebrei di S. vi era anche il prestito: il tasso di interesse, nei casi in cui è stato possibile individuarlo, risultava del 20%<a title="" href="#_ftn14">[14]</a>. I feneratori ricevevano pegni o ipoteche in animali, grano, vigne, case e sappiamo che, quando il prestito era su carta, esso veniva concesso per un periodo di tempo inferiore<a title="" href="#_ftn15">[15]</a>. </p>
<p>Gli ebrei erano attivi nel commercio, di cui è attestato quello del bestiame e dei panni ed il mercato di S. venivano anche commercianti ebrei dalle località vicine<a title="" href="#_ftn16">[16]</a>.</p>
<p>Risultavano a S. tre medici ebrei, di cui almeno uno era anche attivo nel prestito, e un farmacista ebreo. Quattro ebrei erano orefici e, al tempo stesso, impegnati nella conduzione di fondi agricoli, attività in cui erano presenti anche svariati altri correligionari. I fondi agricoli (spesso vigneti), sparsi indiscriminatamente per tutto il territorio di S., erano rilevati, acquistati o presi in affitto (enfiteusi, contratti <em>ad</em> <em>quartariam</em> a terza generazione), per lo più da enti ecclesiastici<a title="" href="#_ftn17">[17]</a>.</p>
<h1> </h1>
<h1>Quartiere ebraico</h1>
<p>La comunità ebraica era stanziata nella contrada degli Idoli, nella <em>decarcia </em>della Portella; dagli anni Quaranta circa del XV secolo, gli abitanti del quartiere sembrerebbero in prevalenza ebrei, mentre precedentemente vi erano anche molti cristiani<a title="" href="#_ftn18">[18]</a>.</p>
<p> </p>
<h1>Sinagoga</h1>
<p>Nel quartiere abitato prevalentemente dagli ebrei aveva sede la sinagoga, ubicata nell’attuale via Marconi, un tempo via degli Ebrei (già via delle Scuole, per l’ubicazione delle prime scuole comunali, all’inizio del XX secolo)<a title="" href="#_ftn19">[19]</a>.</p>
<p> </p>
<h1>Cimitero</h1>
<p>L’antico cimitero ebraico era sito ai piedi della collina sulla strada che portava all’Abbazia di Valvisciolo, strada conosciuta ancora oggi col nome di “Strada della Tomba” o “Tomba dei giudei” o “Ponte della Tomba”<a title="" href="#_ftn20">[20]</a>. </p>
<p> </p>
<p><em> </em></p>
<p><em>Bibliografia</em></p>
<p>Caciorgna, M.T., <em>Presenza ebraica nel Lazio meridionale: il caso di Sermoneta</em>, in <em>Aspetti e problemi della presenza ebraica nell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV)</em>, Roma 1983, pp. 129-173.</p>
<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969).</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980 : Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews, </em>8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
<p><em> </em></p>
<p> </p>
<p> </p>
<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Caetani, G., <em>Regesta chartarum, </em>San Casciano Val di Pesa 1927, I, p. 117, cit. in Caciorgna, M.T., <em>Presenza ebraica nel Lazio meridionale: il caso di Sermoneta</em>, p. 132, n. 11; per l’acquisto da parte dei Caetani dei possessi territoriali degli Annibaldi, si veda ivi,p. 131, n. 10.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Il giuramento degli Ebrei, ritenuto da alcuni autori risalire al 1271, sarebbe, invece, da collocare intorno alla metà del XV secolo, sulla base di alcune considerazioni relative alla lingua e alla grafia in cui fu vergato il documento. Il giuramento viene fatto risalire al 1271 da Tetro, F., <em>Gli ebrei a Sermoneta</em>, in Economia Pontina n. 15 (1977), p. 9; tale opinione è ripresa dal Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche del Lazio prima della bolla di Paolo IV</em>, p. 48. Secondo la Caciorgna, tale datazione erronea sarebbe da ascriversi al fatto che il giuramento in questione era apposto al codice statutario che porta tale data. Per queste e ulteriori precisazioni, si veda Caciorgna, op. cit., pp. 132-133.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Caciorgna, M.T., op. cit., pp. 136-137; si veda , in particolare, p. 137, n. 33.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Ivi, p. 138.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Ivi,p. 138.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Ivi, pp. 138-140.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Ivi, pp. 140-141; per queste varie attività, si veda rispettivamente : <em>Appendice </em>I, 37; I, 13; I, 32; I, 44; I, 66, I, 46. La presenza nel macello di tre macellai cristiani al fianco di Abramo ha suscitato alcuni interrogativi, sfociati nell’ipotesi che si trattasse di un macello pubblico funzionante per il pubblico cristiano, adibito, in seguito, da Abramo a macello ad uso ebraico (si veda ivi, pp. 144-145). </p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Ivi, p. 141; <em>Appendice</em>, I, 71.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref9">[9]</a> Ivi, p. 141; per i nominativi dei prestatori, si veda rispettivamente : <em>Appendice, </em>I, 6; I, 5, 7, 9, 10, 12, 52, 60, 62; I, 34; I, 40. Per i nominativi degli Ebrei di S., rinvenuti nei documenti, si veda <em>Appendice, </em>II. </p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref10">[10]</a> Ivi,p. 142; <em>Appendice</em> I, 2; I, 16.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref11">[11]</a> Ivi<em>, </em>p. 149<em>; Appendice</em> I, 65.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref12">[12]</a> Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, p. 155; Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, doc. 960. Gli Ebrei di S. e di altre località del Lazio ricevettero l’ordine di riunirsi ad Anagni e spartirsi la vigesima nel 1488 (ivi, doc. 1095). </p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref13">[13]</a> Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana,</em> p. 3. Gli ebrei di S. figurano in un documento relativo al pagamento della vigesima nel 1524 (Simonsohn, S., op. cit<em>.</em>, doc. 1316).</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref14">[14]</a> Ivi, p. 142.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref15">[15]</a> Ivi, p. 142.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref16">[16]</a> Ivi, p. 143.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref17">[17]</a> Ivi<em>, </em>p. 145; pp. 147-148<em>. </em>In un documento pontificio del 1544 veniva menzionato Raffaele di Emanuele, medico a S. (Simonsohn, S., op. cit<em>.</em>, doc. 2354).</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref18">[18]</a> Ivi,p. 147.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref19">[19]</a> Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali</em>, p. 57.</p>
</div>
<div>
<p><a title="" href="#_ftnref20">[20]</a> Ibidem<em>.</em></p>
</div>
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<p>Segni (<a title="" href="#_ftn1">[1]</a> סייני,סג'ני)</p>
Provincia di Roma. Sita su di un’altura dei monti Lepini, dominante la vallata del Sacco, S. occupa un territorio abitato già nell’età del bronzo e fu un importante <em>municipium</em> romano. La località entrò, poi, a far parte del Ducato Romano e del Patrimonio di San Pietro e nel ‘500 Sisto V la elevò a Ducato, con primo duca Alessandro Conti Sforza.
<p> </p>
<p>Sull’insediamento ebraico a S. si hanno scarse notizie: nel 1429, veniva copiata qui per Meshullam di Isacco da S. l’opera di Levi di Gershom <em>Ot nefesh</em> per mano dello scriba Meshullam Nahmias ( o Nehemyah) di Natan da Synagoga<a title="" href="#_ftn2">[2]</a>, e, da un documento del 1472, risultavano qui tre “case” ebraiche<a title="" href="#_ftn3">[3]</a>.</p>
<p>Nel 1524 S. figurava nella lista degli insediamenti ebraici nelle provincie di Campagna e Marittima che venivano stimati per le tasse e la <em>vigesima</em><a title="" href="#_ftn4">[4]</a>, mentre, nel 1544, il Camerlengo papale concesse a Ventura alias Capone una <em>tolleranza </em>triennale per potervi fenerare e nello stesso anno egli pagò 5 scudi per la <em>vigesima</em><a title="" href="#_ftn5">[5]</a><em>.</em> Nel 1553 invece una <em>concessione</em> simile fu rilasciata a Elia e Sabatucio di Ventura<a title="" href="#_ftn6">[6]</a>.</p>
<p>Il manoscritto settecentesco degli Statuti di S. (Libro V, Capitolo 56) riporta il giuramento che dovevano pronunciare gli ebrei ogni volta che dovevano deporre negli atti pubblici<a title="" href="#_ftn7">[7]</a>.</p>
<p>Nell’elenco delle sinagoghe che, sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma, figurava anche quella di S. prima con 10 e poi con 12 scudi<a title="" href="#_ftn8">[8]</a>.</p>
<p>L’ultimo cenno alla presenza ebraica qui risale al 1587, quando veniva concesso a Isaisas del fu Giuseppe, dimorante a Roma prima del Breve di Sisto V, di aprire un banco feneratizio nella località<a title="" href="#_ftn9">[9]</a>.</p>
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<h1>Quartiere ebraico</h1>
<p>Nella parte alta di S., dove sorgeva l’insediamento cittadino antico, è ubicata la contrada denominata <em>La Giudea</em>, dove si trova la <em>via della Giudea</em>, a forma di ferro di cavallo, in cui sono state rilevate le caratteristiche del “quartiere separato”. Qui si trova un edificio isolato, adibito presumibilmente a sinagoga<a title="" href="#_ftn10">[10]</a>.</p>
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<h1>Bibliografia</h1>
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<p>Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, in Latium, Rivista di Studi Storici<em>, </em>2 (1985), pp. 151-158.</p>
<p>Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, in <em>Alexander Marx Jubilee Volume</em>, New York 1950, pp. 231-342.</p>
<p>Loevinson, E., <em>La concession de banques de pr</em><em>ê</em><em>ts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles</em>, in REJ XCIII (1932), pp. 157-178.</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, in Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969).</p>
<p>Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, in <em>Lunario Romano 1980: Rinascimento nel Lazio</em>, Roma 1980, pp. 47-77.</p>
<p>Sacerdoti, A. (con la collaborazione di Fiorentino, L.), <em>Guida all’Italia ebraica</em>, Casale Monferrato 1986.</p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
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<div><br /><div>
<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> La traslitterazione סייני risulta dal cod. Oxford 237, risalente al 1429, menzionato in Freimann, A., <em>Jewish Scribes in Medieval Italy</em>, p. 296, nº 314.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref2">[2]</a> Ibidem.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref3">[3]</a> Esposito, A., <em>Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento</em>, p. 157; Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 960.</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref4">[4]</a> Simonsohn, S., <em>op. cit., </em>Doc. 1316.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref5">[5]</a> Ivi, doc. 2417-8.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref6">[6]</a> Ivi, doc. 3161.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref7">[7]</a> Il manoscritto settecentesco di D. Lauri, dal titolo <em>Della città di Segni</em>, si trova nella Biblioteca Casanatense di Roma (Ms. Chart. originale inedito), secondo quanto riferisce il Pavoncello, N., <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, p. 70, n. 49.</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref8">[8]</a> Pavoncello, N., <em>Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana</em>, p. 3.</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref9">[9]</a> Loevinson, E., <em>La concession de banques de pr</em><em>ê</em><em>ts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles</em>, p. 25.</p>
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<div>
<p><a title="" href="#_ftnref10">[10]</a> Pavoncello, <em>Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V</em>, pp. 70-71; cfr. Sacerdoti, A. (con la collaborazione di Fiorentino, L.), <em>Guida all’Italia ebraica</em>, Casale Monferrato 1986, p. 284. </p>
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Segni
Roma
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Lazio
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Santo Stefano (Villa Santo Stefano)<br /><br />Provincia di Frosinone. Situato in un area abitata già in epoca preistorica, S. era nel XII secolo un feudo dei conti di Ceccano, ai quali fu tolto da Bonifacio VIII ed ai quali ritornò all’inizio del ‘300. Nella prima metà del XV secolo si alternano qui i Ceccano ed i Colonna: questi ultimi, dopo una “parentesi” rappresentata dai Carafa, tennero S. stabilmente dalla seconda metà del Cinquecento.
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<p>L’unica menzione della presenza ebraica a S. emersa finora dalla documentazione risale al 1524, quando vennero nominati da papa Clemente VII tre collettori di tasse dagli ebrei nelle provincie di Campania e Marittima, compresi quelli di tale località<a title="" href="#_ftn1">[1]</a>.</p>
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<p><em>Bibliografia</em></p>
<p>Simonsohn, S., <em>The Apostolic See and the Jews</em>, 8 voll., Toronto 1988-1991.</p>
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<p><a title="" href="#_ftnref1">[1]</a> Simonsohn, S., <em>The Apostolic See</em>, doc. 1316.</p>
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A name given to the resource
Santo Stefano
Frosinone